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O.A.K. Nine witches under a walnut tree Goodfellas 2020 ITA

Proseguendo il suo percorso alla scoperta del mondo esoterico e maledetto, già esplorato nell’album precedente “Giordano Bruno”, il polistrumentista di origini sannite Jerry Cutillo si lancia in questa nuova narrazione che segna forse la sua definitiva crescita come artista e come autore. I molti anni di gavetta, se vogliamo chiamarla così, utilizzati per omaggiare da un lato la musica dei Jethro Tull e dall’altra per intessere la personale tela di esperienze ed accrescere la propria formazione musicale a 360 gradi, costituiscono un bagaglio artistico di tutto rispetto che viene messo al servizio per la creatività e per una scrittura musicale che solo in parte ripercorre fedelmente quelle esperienze.
Le nove storie narrate in quest’album, intitolate coi nomi di altrettante streghe, vedono Cutillo come assoluto protagonista strumentale e vocale, tra l’altro spaziando su tre lingue di espressione (italiano, francese e tedesco), coadiuvato saltuariamente da alcuni collaboratori tra i quali non si può comunque fare a meno di notare il solito David Jackson, Jonathan Noyce, bassista dei Jethro Tull per una decina d’anni, e Daniele Fuligni (de La Fabbrica dell’Assoluto).
L’album ha connotati decisamente eclettici, spaziando abilmente tra fusion, folk rock, psichedelia e rock sinfonico. Praticamente solo l’utilizzo del flauto ci ricorda, di tanto in tanto, i trascorsi musicali dell’artista e della sigla artistica da lui creata (anche se l’acronimo è stato di recente mutato in Oscillazioni Alchemico Kreative). Le nove storie, benché trattino di persone e vicende diverse, hanno tutte un filo comune, anche narrativo, che lega tutte le protagoniste con la città di Benevento (non a caso tuttora nota come la città delle streghe) e le porta idealmente a ritrovarsi sotto ad un albero di noce utilizzato per rituali magici. Lo sviluppo dei brani, si diceva, è comunque piuttosto logico e consequenziale, con un fluire quasi incantato che tiene sospeso l’ascoltatore dentro una bolla di mistero e magia.
Nell’avvio di “Chlodswinda” è il mandolino che sembra dettare la melodia, assieme ad un cantato apparentemente affabile; lo sviluppo del brano si fa ipnotico e s’improfuma di psichedelia. “Gioconna” vede Cutillo duettare con la voce della soprano Tetyana Shyshnyak in un brano vagamente ‘60s dal sapore particolare. “Dame Harvillers” è cantata in francese ed ha proprio il sapore di chanson, benché supportato da una bella parte strumentale (sì, il risultato ricorda un po’ gli Ange), con la presenza del pianoforte di Fuligni. “Janet Boyman” è un delizioso strumentale, un po’ in stile Tull, che funge da apripista per il drammatico “Franchetta Borelli”, dalle atmosfere dark ed inquietanti, con interessanti parti jazzistiche contraddistinte dal piano elettrico.
In “Polissena” proseguono le atmosfere oscure, con un’ambientazione decisamente medievaleggiante, stante il crumhorn le cui note spadroneggiano fin dai primi secondi del brano. “Donna Prudentia” risolleva leggermente gli umori ed ha una piacevole forma di canzone, anche se le tematiche non sono di certo particolarmente giocose. Belle aperture strumentali ed un cantato decisamente ispirato, contrappuntato dal sax di Jackson. “Nadira” compie un’incursione in quella che possiamo chiamare World Music, con ritmiche ed atmosfere strane e magiche che vanno a confluire nella traccia conclusiva, “Rebecca Lemp”, cantata in tedesco con l’ausilio di Gerlinde Roth, dai toni quasi allegri, giocosi e trionfali.
Album decisamente affascinante, quasi una consacrazione per quest’artista che si è cimentato in un’opera impegnativa, soprattutto dal punto di vista musicale ma anche di quello delle tematiche in cui si è voluto immergere. Non ci sono momenti davvero deboli e, malgrado la varietà degli stili e l’eclettismo delle soluzioni musicali, la tensione e gli umori si mantengono su livelli elevati per tutta la durata. Ottimo davvero.



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Alberto Nucci

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