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PHI The deflowering of reality (EP) autoprod. 2012 AUT

Post-core, post-rock e, nel caso di questi giovani austriaci, post-progressive rock… Ormai tutto sembra essere diventato post, dando alla musica una connotazione di inesorabile decadenza dovuta a qualche disastro atomico… e nichilista! Un qualcosa che a suo modo, sempre in chiave decadente, vorrebbe anche avere un alone più o meno romantico…
Dei Phi sappiamo che nel 2011 si erano resi autori di un full-length che poteva essere annoverato nella tipologia prog metal, con riff duri e compatti, in cui si facevano coesistere diversi elementi. Un lavoro che sicuramente denotava una certa maturità in un gruppo di poco più che ventenni.
Ma subito dopo il tastierista Christoph W. Pirker lascia la band e qualcosa cambia repentinamente. Il chitarrista-cantante Markus Bratusa e compagni, vista anche l’età fertile, non si fermano, tirano diritto e mettono giù alcuni brani che prescindono totalmente dall’elemento tastieristico, componendo a loro dire quello che può essere definito un passo in avanti. Maggiore durezza, più coesione e rinnovata ispirazione.
Sentendo l’iniziale “Manger of the Year” parrebbe che il riferimento più marcato siano diventati i Muse (ecco quella romantica decadenza post-qualcosa), ma la successiva “The Beginning of the End”, con il riff principale suonato dall’ospite Peter Leitner, mette finalmente in evidenza una band matura e freddamente calcolatrice al punto giusto, consapevole in modo definitivo dei propri mezzi e capace di proporre un prog metal tanto originale quanto incisivo. Vi sono tra l’altro un paio di assoli davvero notevoli, che devono parecchio alla tradizione heavy rock ma interpretati in chiave attuale, facendo venire voglia di riascoltare il brano dall’inizio.
“Teenage Lust” (bel titolo davvero!) prende le proprie sembianze camaleontiche da un retroterra stoner che, in quanto tale, deve parecchio ai Balck Sabbath, pur mantenendo l’attitudine prog. Non mancano né le inflessioni melodiche in alcune strofe strategiche e né i doverosi rallentamenti finali ai limiti del doom, suggellando un altro ottimo brano.
Solo tre pezzi, due dei quali rappresentano davvero quel passo in avanti sbandierato dal gruppo. I ragazzi stessi dicono che il secondo full-length potrebbe essere un’ulteriore sorpresa. A questo punto l’attesa è doverosa, perché iniziamo ad essere veramente curiosi.


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Michele Merenda

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