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SAGRADO |
Grande espirito |
Sonhos e Sons |
1994 |
BRA |
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I SAGRADO possono tranquillamente essere considerati il più importante gruppo rock brasiliano attuale, se si eccettuano i metallari SEPIJLTURA, e con questo loro quarto album essi aggiustano il tiro verso il genere di musica che vogliono offrire. Mentre i primi due album non lasciavano vie di mezzo tra canzoni con la struttura, appunto, di canzone e composizioni di puro rock sinfonico, il terzo lavoro "Farol da liberdade" trovava un equilibrio fra queste due tendenze, offrendo al mondo Prog un'opera di livello assoluto. Con questo "Grande espirito" il gruppo guidato dal grande Marcus Viana (artista di valore nazionale, in Brasile) intraprende una nuova strada che, non rinnegando nulla di quanto già fatto, non prescinde da certe voglie di funky-pop dalle forti influenze brasiliane cui i musicisti non sanno resistere. Non disperate: la dose è ancora in quantità ampiamente sopportabili. Su tutto si staglia ancora la figura artistica di Marcus che qua ricama deliziose melodie col suo magico violino, di là invece prende decisamente l'iniziativa e lancia il suo strumento in frenetici assoli, senza contare il suo ruolo alle tastiere, un po' in sordina a dire il vero, tranne alcune buone melodie di piano ed un bell'assolo su "Rapsodia cigana". "Grande espirito" purtuttavia non è un album di solo violino: questo strumento viene utilizzato con sapienza, senza sovrastare gli altri ed offrendo ampia possibilità di espressione alla voce teatrale e drammatica di Bauxita, la cui prestazione su "Grande espirito" ricorda l'incedere drammatico di certi passi dell'album dei connazionali III MILENIO. Per ciò che riguarda le canzoni, detto di "Rapsodia cigana", il cui contenuto musicale può essere intuito ma di cui occorre sottolineare l'interessante presenza di un sitar, una marcia in più paiono averla la title track e la conclusiva "No pais dos sonhos verdes", lunga quasi 14 minuti e dai lunghi fratti strumentali. Particolare la proposta di "Kian", già presente sulla compilation "Tales of brazilian rock", e dai contenuti che fanno pensare a qualche strano rito di macumba, a cominciare dal misterioso testo. Giudizio non molto positivo invece per le due canzoni in inglese "Human beans" e "Sweet water". Un'altra grande prestazione... ed eccoci qui a recitare ancora un altro peana per i SAGRADO. Chi conosce già il gruppo brasiliano non avrà bisogno delle mie parole per mettersi già in cerca di questo suo nuovo lavoro.
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Alberto Nucci
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