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VV.AA. |
7 days of a life |
Musea |
1993 |
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Dopo essere stato annunciate non so più da quanto tempo (mi ricordo che I Rousseau me lo avevano dato come imminente in un'intervista del '91!), esce finalmente questo concept album targato Musea ispirato ai giorni della settimana. Sette gruppi di sette paesi diversi propongono una galleria di pezzi che associano i vari giorni alle fasi della vita dell'uomo: dalla nascita alla morte (ed anche qualcosa in più) passando per infanzia, adolescenza e senilità.
L'apertura compete ai norvegesi Kerrs Pink che ci propongono "Monday (Man)", un brano davvero buono della durata di più di 10 minuti. Sicuramente una delle migliori cose mai composte dal gruppo, il cui stile può essere paragonato per certi versi a quello dei Camel, anche in funzione dell'importanza data alla chitarra. Per secondi sfilano a rappresentare la Francia gli Halloween, gruppo di prog-horror. Il brano che hanno comporto per l'occasione ("March") si mantiene appunto sulle cupe atmosfere del loro "Laz", con la sezione ritmica che gioca un ruolo abbastanza particolare ed il violino e la voce di Jean-Philippe Brun in primo piano; il risultato complessivo è comunque un po' meno tormentato rispetto a precedenti episodi della band. Un brano da ascoltare con la dovuta attenzione, anche se gli Halloween hanno sicuramente proposto di meglio in passato.
Il mercoledì è appannaggio dei tedeschi Rousseau e della loro "Wednesday". Il pezzo è interamente strumentale e dovrebbe essere uno degli ultimi parti del gruppo in vista dell'inevitabile addio (anche questo annunciato da secoli). Un buon pezzo che ricalca le situazioni bucoliche dei loro dischi precedenti. Sono questi momenti, in cui chitarre e tastiere si intrecciano creando delicate atmosfere, quelli che preferisco del gruppo, peccato per la mancanza del flauto, da sempre una caratteristica importante della musica dei Rousseau. Nel mezzo, come sempre, sta il giovedì, qui rappresentato dagli statunitensi North Star col brano "Thursday". Sicuramente il loro è il brano che mi è piaciuto di meno, molto new-prog ed abbastanza banalotto. Da notare la presenza di un guest-vocalist chiamato a sostituire il normale cantante. E' poi il turno dei giapponesi Vermilion Sands, che non avevo mai ascoltato e che mi hanno positivamente stupito con la loro "The love in the cage", un brano molto sognante, con chitarra acustica e flauto in primo piano. Buona anche la prova della cantante, cosa non proprio usuale per un gruppo nipponico. I cinque meritano davvero un attento ascolto e se il loro unico disco fosse tutto su questo livello, potrebbe anche valere la pena di mettersi a cercarlo...
L'Italia è invece rappresentata (degnamente) dai fantomatici Ezra Winston, dei quali non si hanno più notizie certe ormai da tempo. La formazione appare ampiamente decimata; non c'è più il valido Fabio Palmieri alla chitarra (il quale firma comunque il testo di questa "Dark angel suite") ed anche il drummer Daniele Iacono appare solo come ospite accanto ai soliti Di Donato e Lucini a cui si è aggiunto tale Vito Laruccia. La suite è certamente riconducibile allo stile del gruppo, mantenendo la pretenziosità degli arrangiamenti strumentali e vocali e le sinfonicità caratterizzanti "Ancient afternoons" e "The myth…". Era tanto che non ascoltavo qualcosa di nuovo dagli Ezra e mi sembra di essere tornato ai bei tempi in cui cominciavo a scoprire il nuovo progressivo italiano. Sono rimasto soddisfatto.
In chiusura i brasiliani Sagrado che fanno i furbi (si fa per dire…) riciclando uno dei brani di punta del loro ultimo album "Farol da liberdade". "The central Sun of the Universe" è un'altra ottima traccia (nonché la più lunga del lotto), in cui la latinità dei musicisti si avverte notevolmente nella costruzione delle delicate melodie vocali. Il pezzo è uno dei più belli e progressivi scritti dai Sagrado, con numerosi break e cambi di atmosfera. Peccato che… la conoscessi già!
E' l'ora di tirare le somme: devo dire che l'idea della Musea, in partenza, poteva essere molto rischiosa: questo tipo di dischi spesso non possiedono una sufficiente compattezza e troppi stili diversi si accavallano in pochi minuti. Pur avendo in parte questo difetto, la scelta dei brani è comunque stata oculata (la maggior parte di questi sono stati composti appositamente per l'occasione) e rende questo "7 days of a life" un acquisto consigliato, mettendo nel conto anche l'appunto che ho appena mosso.
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Riccardo Maranghi
Collegamenti
ad altre recensioni |
HALLOWEEN |
Laz |
1989 (Musea 1995) |
NORTH STAR |
Triskelion |
1984 (Space Monster Optional Ent. 1993) |
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