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Da sempre avevo pensato che la musica di Antonius Rex possedesse forti connotazioni visive. "Magic Ritual", nel suo poco comune supporto DVD plus (in pratica un DVD e un CD audio sui due lati di uno stesso dischetto ottico), giunge adesso come logica testimonianza dell'evoluzione comunicativa da parte dell'enigmatica congrega marchigiana. Il lavoro, alquanto sorprendente sotto molti punti di vista, ha avuto un concepimento assai lungo: le note interne dicono che il cortometraggio è stato girato da Doris Norton nel 1976-77, che la colonna sonora di Antonio Bartoccetti, pur composta all'epoca, è stata incisa solo nel 1990, mentre la produzione e il digital editing risalgono ai giorni nostri e sono stati affidati al figlio del duo, ossia Rexanthony, che ha anche inserito nuove parti.
A giudicare dal risultato finale, l'apporto di quest'ultimo appare decisivo. Il video dell'opera è molto moderno e non fa fatica a inchiodare alla poltrona lo spettatore, in virtù delle shockanti sequenze che si affastellano a ritmo frenetico. Particolarmente sinistre, nell'ottica passatista, sono comunque le scene rituali, come quella in cui troviamo una donna, distesa sopra un catafalco, su cui viene officiata un macabra cerimonia da parte di un'inquietante setta. Vi sono poi dei frammenti che, seppur nella loro brevità, sono preziosi in quanto ci mostrano gli Antonius Rex dal vivo negli anni '70. Il resto è un rutilante accavallarsi di varie immagini-simbolo: il pugnale col manico a zampa di caprone, il castello, il vampiro, il medium, la lettera del 1624 firmata Asmodeo... Un bel guazzabuglio con riferimenti a sesso e sangue più o meno espliciti, orbitante di norma in quel glamour grandguignolesco caro a Alice Cooper, Death SS e Marilyn Manson. Benché ricorra la figura dell'adepta, appare talora arduo rinvenire un'autentica trama; se a ciò si somma la cospicua effettistica digitale che va a edificare questo tonitruante delirio, allora si comprende come alla fine della proiezione paia di aver assistito più che altro a un videoclip dilatato fino a 25 minuti, che verosimilmente avrà una grande presa sul pubblico giovane. Invece ai vecchi appassionati che, memori di tracce quali “Jacula Valzer”, pensavano di ritrovare quelle immobili atmosfere che hanno caratterizzato il cinema gotico italiano del passato, da Mario Bava in poi, è necessariamente richiesto uno sforzo maggiore: se, tuttavia, tale esercizio sarà ben condotto, la consapevolezza di aver ca(r)pito l'universo creativo di questi singolari artisti darà i suoi frutti.
Quanto al puro aspetto sonoro, il lavoro dell'ensemble è ancora una volta di primo merito. In armonia con le turbinose immagini che si susseguono, vengono sprigionate inusitate inclinazioni tecnologiche, quasi industrial; troviamo poi un fantastico riff chitarristico sabbathiano, davvero assassino: uno dei migliori mai partoriti da Antonio Bartoccetti! Ottimo anche il drumming di Jean Luc Jabouille che lo sottolinea, come pure l'inserto di piano solistico (courtesy of Rexanthony). Sapientemente dosati i cori para-gregoriani che accompagnano l'opera, davvero distanti dal dark-kitsch di Enigma ed Era, e che anzi accentuano il malsano clima generale, freddo come l'interno di una bara.
Un saggio di perversa eversione, destinato a far parlare a lungo di sé.
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