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NORTH STAR |
Extremes |
Musea |
2005 |
USA |
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Non tutte le stelle brillano nel cielo alla stessa maniera e, a dispetto dell'ingannevole moniker, la voce di Joe Newnam, da circa un trentennio occupato a rovinare la musica del gruppo americano, può essere paragonata a un freddo asteroide che si sgretola sulla testa del malcapitato ascoltatore. Non si tratta di una voce disastrosa, la potremmo paragonare ad un Peter Gabriel avvinazzato e malconcio, ma forse è proprio questa forzata somiglianza che la rende a dir poco ridicola alle nostre orecchie. Per fortuna Newman di quando in quando si riposa e ci lascia in pace. Tracce come "The Form", con parti vocali preponderanti, si trasformano in una vera e propria tortura. La musica non è malaccio: il difetto fondamentale sta nella registrazione casereccia e nella timbrica degli strumenti un po' attutita, come in quelle vecchie registrazioni tirate giù da archivi ormai dimenticati. Sapendo che la band è attiva fin dal 1976, viene proprio da chiedersi se i North Star ci abbiano giocato un brutto tiro, ristampando qualcosa di inedito scovato chissà dove e spacciandolo per una novità. In questo caso l'album sarebbe stato quanto meno più interessante. Purtroppo questa ipotesi è da scartare e la novella produzione sembra proprio un parto dei nostri giorni. Peccato. Il risultato è uno scalcinatissimo prog sinfonico fatto di suoni vintage molto smorzati, con una batteria piuttosto sorda (che in certi momenti sembra andare per conto suo, dissociandosi dagli altri strumenti) e tastiere pompose che sembrano state tirate fuori dalla soffitta con tutto il loro corredo fatto di una tenace coltre di ruggine e da ragnatele inveterate. Anche le chitarre appaiono distorte e gracchianti: non si tratta di semplice amore per i suoni vintage, il risultato invece fa pensare a musicisti sciatti e disattenti. Le principali influenze sembrano essere rappresentate dai Genesis, giusto per capire meglio l'orientamento musicale del gruppo. Le canzoni hanno comunque un'andatura zoppicante o a singhiozzo e sono eseguite in maniera sporca e scoordinata. I momenti da salvare sono purtroppo pochi e fra questi sicuramente sono da includere alcune partiture tastieristiche come nella traccia di apertura, "Midnight Soldier", forse fra le più azzeccate del lotto. A questo punto, fossi al posto dei North Star, andrei in pensione definitivamente e per quanto mi riguarda archivio il gruppo fra i casi senza speranza.
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Jessica Attene
Collegamenti
ad altre recensioni |
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