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ZAAR |
Zaar |
Unicorn Records |
2006 |
FRA |
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A qualcuno i nomi di Thinking Plague e Sotos, diranno qualcosa. Per coloro è bene fissare in mente anche questo nome: Zaar.
Bob Drake dei Thinking Plague è qui in veste di produttore, mentre Yan Hazera (chitarra) e Michael Hazera (batteria) in veste di leaders group, non mollano il discorso avanguardistico, avviato con i Sotos e ora impiantato in questa nuova band francese, che ha assunto una linfa molto particolare dall’unione con Pairbon (basso) e Cosia (Ghironda), provenienti dai Familha Artus, band intrigante e danzerina legata alla cultura musicale della Guascogna.
Disco di esordio, quindi, ma con alle spalle tutta la maturità acquisita nelle precedenti formazioni e fatta di invenzioni sonore molto moderne per un prog che prende RIO, cameristica, Zeuhl, improvvisazione e dosi di King Crimson e Gentle Giant in un mix di grande impatto sonoro e di grande qualità, dove saltano chiaramente all’orecchio le devozioni ad altri gruppi storici quali Magma e Univers Zero.
Per mettere avanti le mani e non bruciare dall’inizio un lettore poco propenso ai suddetti generi e bene sottolineare che il mix è abbastanza lontano da sonorità troppo estremiste di taluni gruppi che hanno fatto dell’avant-rock il loro pane. Qui si tratta, ovviamente, di musica non facile e non immediata, musica austera ed erudita, ma la cui struttura è più facilmente leggibile.
Il disco ha un suo sviluppo che ruota attorno ai due brani principali “Sefir” e “Omk”, 20 minuti la prima e circa 17 la seconda. A contorno una serie di brani più brevi, spesso dai titoli divertenti e eseguiti a livello di puro esercizio ludico.
La suite d’apertura è un atto di incredibile equilibrismo dove, oltre a tutto quanto già citato, troviamo dei ceselli folkloristici di imperdibile apertura melodica. “Omk” propende verso una potente sinergia tra cosmico e Zeuhl, dove il concetto di suite ci riporta in canoni di sviluppo progressivo, transitando per dissonanze, possenti fraseggi di cupi tamburi, lande di quiete ed effimere, oniriche danze medievali.
Tra i brani brevi spiccano la quasi canterburiana “Zolg” in sapore di Egg e dalle mirabolanti invenzioni ritmiche del finale. “Tougoudougoum” un minuto e mezzo di sincretismo zeuhl-punk. L’andazzo lento e sommesso folk-samba, dal sapore vagamente sud americano, di “Discasambo” e la quasi zappiana “Scherzo #C” con maggiori aperture sinfoniche e struttura in continua evoluzione verso un finale potente e creativo.
Molto bravi gli strumentisti che si muovono con perfetta agilità tra poliritmie, asimmetrie musicali e temi vagamente dissonanti ora in accelerazione ora in stasi.
Promossi senza dubbi di sorta. Disco per amanti dei generi citati, ma con un certo allargamento anche a chi volesse sentire musica seria, ben suonata e poco convenzionale, anche nell’ambito prog.
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Roberto Vanali
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