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RUSH |
Snakes & Arrows |
Atlantic/Anthem |
2007 |
CAN |
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Quando si attende l’uscita di un nuovo lavoro dei Rush, quando si è degli appassionati incorreggibili e dei profondi ottimisti, si rischia inevitabilmente di creare nel proprio intimo la certezza che il cd sarà incredibilmente superiore al precedente, e con il tempo, addirittura di credere ciecamente che sarà persino migliore di qualsiasi altra opera del gruppo canadese. Potrà anche essere un errore, oppure potrà essere – come dicevo – solamente incorreggibile ottimismo portato all’eccesso, ma così accade al sottoscritto: io sono una delle persone che precipitano invariabilmente in questo circolo vizioso ogni volta. Cosa ci volete fare? Sono incurabile? Probabilmente non ho speranze, tuttavia ancora una volta cercherò di essere il più possibile imparziale nell’esporvi le mie impressioni dopo vari ed approfonditi ascolti di Snakes & Arrows.
Il lavoro di preparazione per questa nuova fatica del gruppo è stato per certi versi diverso dal solito: in particolar modo il background emotivo e contestuale in cui è stato creata la musica risulta peculiare. Mi riferisco principalmente al tour per la celebrazione dei 30 anni di attività del gruppo (con conseguente uscita del dvd R30) e alla pubblicazione di Feedback (cd di cover con cui la band rendeva omaggio ai gruppi che hanno influenzato la musica dei Rush soprattutto agli inizi della carriera). Potrei anche aggiungere la condizione emotiva di Neil Peart, con il –credo- oramai superato problema psicologico della perdita di moglie e figlia alcuni anni fa: situazione emotiva che a mio avviso trasudava nelle liriche e, aggiungo, nella musica di Vapor Trails.
Queste condizioni confluiscono in Snakes & Arrows e ne ispirano creazione e sviluppo in maniera abbastanza forte. Non è un caso che le sonorità generali del cd ci riportano ad alcune situazioni più vicine alla musica d’esordio della band canadese, con addirittura richiami blues in varie sezioni. Al contempo la tranquillità emotiva, nonché la sicurezza professionale, rendono generalmente molto meno oscure le atmosfere dei brani, quali erano in Vapor Trails. Fin dal brano di apertura del cd – “Far cry” (il singolo già da qualche settimana trasmesso via internet e via radio) – ci si rende conto di questi elementi, anche se va notato che probabilmente proprio questa traccia risulta essere la più vicina al sound generale che è marchio di fabbrica dei Rush. Le sorprese arrivano con l’ascolto dei pezzi successivi, che pur non richiamando all’ordine i sintetizzatori tanto utilizzati nel periodo che va da Signals a Roll the bones, hanno una ricchezza di suoni e soluzioni armoniche che in Vapor Trails sembravano essere sparite. Alex Lifeson torna a cesellare assoli particolari e a disegnare notevoli intrecci di chitarra acustica ed elettrica, come ai tempi di Presto. Di fatto già con “Armor and Sword” questa caratteristica risalta inequivocabile, ma si ritrova anche nella successiva, nonché particolarmente trascinante, “Workin’ them angels” e nel breve strumentale “Hope”, strumentale completamente acustico.
La varietà delle sonorità proposte cambia ad ogni traccia, in un connubio affascinante, un impasto che ricorda alcune cose di Presto, altre di Test for Echo, ma anche soluzioni particolari e peculiari, come la mandola di Lifeson nella già citata “Workin’ them angels”. La rivisitazione – perché non è auto citazione – di soluzioni già esplorate in Presto risulta chiara in “The larger bowl”, mentre nella successiva “Spindrift” – dopo un’intro alla “Witch hunt” (!) – si ritrovano alcune soluzioni di Vapor Trails, rappresentando forse il vero ed unico anello di congiunzione con il lavoro del 2002. Segue una perla strumentale di rara bellezza e complessità – “The main monkey business”, brano che fortemente si riallaccia alle vere radici musicali della band, ma con quel qualcosa in più che rende il tutto strettamente legato al presente. Nella traccia trovo particolarmente pregevole il lavoro di Neil Peart che ancora una volta dimostra come la batteria sia uno strumento musicale che offre una vasta e variegata gamma di possibilità armoniche, e non stretto strumento ritmico e di sostegno al resto della sezione musicale.
Il riferimento precedente fatto a Feedback appare chiaro nella successiva “The way the wind blows”, con la introduttiva sezione blues, e le consecutive cavalcate chitarristiche di Lifeson. Una traccia questa che oltre alla già citata “Hope”, costituisce un ipotetico ponte di collegamento tra passato e futuro, verso il brano forse più forte da un punto di vista del messaggio lirico. “Faithless” è un pezzo molto Rush, con un testo particolarmente forte sulle religioni (argomento che peraltro fa da filo conduttore in tutto Snakes & Arrows). “Bravest face”, la traccia seguente, è ancora molto legata al passato con addirittura richiami jazz oltre che blues, il tutto impastato in un fantastico affresco in cui i Rush sembrano voler utilizzare tutti i colori disponibili sulla tavolozza.
Snakes & Arrows certamente non è un lavoro che ascoltato la prima volta entusiasma. Personalmente ho avuto bisogno di diversi sessioni prima di essere conquistato da certe soluzioni e linee melodiche, e questo non è solo dovuto alla complessità del lavoro, anzi è probabilmente dovuto primariamente alla delusione avuta con la pubblicazione di Vapor Trails. Il processo di assimilazione non è stato veloce, ma probabilmente “Good news first” e la successiva “Malignant Narcissism” hanno contribuito notevolmente a farmi comprendere il messaggio contenuto in Snakes & Arrows. Proprio “Malignant Narcissism” – un esplosivo strumentale di 2 minuti e rotti - mi ha – passatemi la vena poetica – aperto gli occhi. In questi due minuti i Rush danno una lezione di musica a milioni di ascoltatori sparsi per il mondo: ascoltare per credere. Chiude il lavoro “We hold on” quasi a comunicare la volontà della band a continuare nel regalare musica di alto livello emotivo e professionale, come fatto nei primi 30 anni di attività.
In conclusione di questa lunga recensione, mi sento di scrivere che Snakes & Arrows non sarà Moving Pictures o Hemispheres, ma certamente non deluderà coloro i quali amano da sempre la band canadese. Se al primo ascolto non troverete nulla di particolare nella musica proposta, probabilmente tornandoci sopra qualche tempo dopo vi ricrederete. Personalmente trovo Snakes & Arrows un deciso passo avanti rispetto Vapor Trails, con un occhio rivolto al passato e un passo spedito verso il futuro. In attesa di vederli ancora dal vivo ad ottobre…
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Marco Del Corno
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