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MAGELLAN Innocent God Muse-Wrapped Records 2007 USA

I Magellan hanno rappresentato all’inizio del 1991 un certo rinnovamento nella scena progressive d’oltreoceano, aprendo la via ad una sorta di rinascita del genere, in particolare con la collaborazione della Magna Carta. Oggi i Magellan, oltre che con i normali canali, distribuiscono la loro musica attraverso il web con la Muse-Wrapped Records che permette di scaricare i cd interi dal proprio sito (http://www.muse-wrapped.com). Pur con queste ed altre vicissitudini, non cambia né il motore musicale dei Magellan, ovvero i fratelli Gardner, e neanche il risultato artistico. In “Innocent God” i citati fratelli collaborano con Robert Berry (non per la prima volta e non credo per l’ultima) e ci presentano un lavoro in linea con le ultime produzioni. I brani proposti sono ancora una volta caratterizzati dal consueto e conosciuto marchio di fabbrica, in una fusione molto personale ispirata da Jethro Tull e Kansas (sentire alcuni passaggi di “My Warrior” in questo senso), ma anche da Yes (“Innocent God”) e Rush. Probabilmente il brano che da il nome al cd è la traccia che più ricorda i primi brani dei Magellan, ma anche i ritmi tribali di “Found”, la sognante e lirica “Who to Believe?” e la finale “Slow Burn” lasciano soddisfatti al termine dell’ascolto. Il lavoro compositivo di Trent Gardner rimane per il sottoscritto oltremodo affascinante e la compattezza dei brani, persa nelle ultime produzioni, gode probabilmente della collaborazione con Robert Berry. In questo senso, pur prediligendo una certa maggiore linearità nei brani e avendo abbandonato quella ricerca ossessiva del cambio repentino di tempo e/o atmosfera, i brani risultano davvero ben composti ed arrangiati, nonché maggiormente compiuti. In questo senso, spesso nei lavori dei Magellan si aveva l’impressione di ascoltare collage di micro situazioni musicali, tenute sì insieme da un tema conduttore, ma che alla fine lasciavano con la sensazione di poca linearità e confusione. Oggi mi sento di dire che non è più così, anzi è proprio la estrema essenzialità dei brani la forza di questo lavoro e la caratteristica che me lo fa apprezzare. Tutto sommato, anche con le dovute cautele, trovo “Innocent God” un lavoro particolarmente piacevole, un lavoro che cresce con il tempo e che mi sembra un buon passo avanti nella carriera della band americana.

 

Marco Del Corno

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