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ACCORDO DEI CONTRARI |
Kinesis |
Altrock |
2007 |
ITA |
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Il nome scelto dal gruppo dice tutto, laddove gli opposti si incontrano, dove i contrasti legano in maniera armoniosa, proprio lì si colloca la musica contenuta in questo esordio discografico. Non si tratta di una teoria nuova e il gioco sui contrasti, sull'accordo delle disarmonie e l'unione di mondi incompatibili è stato ampiamente dibattuto, interpretato, digerito e metabolizzato nel regno dell'arte, certo è che non è facile soggiogare queste logiche al servizio del proprio spartito musicale, raggiungendo per giunta risultati ottimi come questo. Da questo giro di parole potreste temere qualcosa di astruso ed inascoltabile, ma non abbiate timore, immaginate piuttosto un quadro di Escher, una di quelle grandi scacchiere con figure in bianco e nero, in cui le forme, ognuna con i suoi contorni netti evidenziati dal contrasto cromatico, acquista un senso diverso nell'ambito della globalità dell'opera: tutti possiamo percepirne la complessità e nessuno troverebbe sgradevole la loro contemplazione. Il gruppo nasce nel 2001 e giunge, dopo varie fasi di rimaneggiamento, all'attuale formazione a quattro che dimostra stabilità ed un linguaggio musicale maturo. L'assetto strumentale di base, costituito dai classici chitarra, basso, tastiere e batteria, viene integrato dalla partecipazione di un violinista e un sassofonista, il secondo dei quali, Giorgio Trafiletti, viene comunque impiegato nella sola traccia di apertura. I musicisti dimostrano qualità di bravi esecutori, rispettosi dello spartito, ma anche l'attitudine e la capacità di sapersi sciogliere e di lasciare andare gli strumenti. Il primo aspetto ci riporta verso la musica da camera ed il secondo al jazz-fusion; l'insieme dei due potrebbe essere la chiave di lettura dell'opera, in cui si leggono influenze che vanno dalla Mahavishnu Orchestra agli Henry Cow, senza dimenticare assolutamente il lato sinfonico del prog, con riferimenti che ci portano ai classici Genesis ma anche ai King Crimson di "Lizard". Il secondo aspetto di cui si parlava, emerge in maniera brillante nella parte conclusiva di "Lester", dominata dalle prove solistiche della chitarra che si muove su un tappeto serpeggiante di suoni, con un intrigante piano elettrico, una sezione ritmica vivace, ed il prezioso intervento del sax. Alla stessa maniera colpisce la traccia di chiusura, "OM", in cui l'affiatamento dei musicisti è messo a dura prova da un'esecuzione pirotecnica e virtuosa in chiave jazz. L'aspetto cameristico diviene fondamentale soprattutto quando entrano in gioco il violino e il pianoforte, come in "Meghiste Kinesis" in cui sono proprio le partiture del piano ed i suoni spettrali del violino a creare effetti particolarmente suggestivi. Fra i momenti più belli dell'album segnalo "Gondwana" con i suoi ritmi spezzettati e l'alternanza di momenti ossessivi a fasi di relativa quiete. L'album ha comunque una straordinaria omogeneità qualitativa nell'arco di otto canzoni ed è davvero difficile sceglierne una piuttosto che un'altra. La tecnica dei musicisti è innegabile ma la loro esecuzione, decisa e matura lascia trasparire irruenza ed istintività piuttosto che freddo calcolo. La musica stessa non è qualcosa dal funzionamento perfetto, come gli ingranaggi di un cronometro, ma ha nel suo nocciolo un che di atavico e grezzo: gli stessi musicisti hanno confessato che la nascita dei pezzi è avvenuta in maniera abbastanza rapida e spontanea. A livello generale l'album non concede mai grossi sussulti di patos e la musica scorre mutevole senza esplosioni o sfuriate e senza mai perdere il senso della misura. I mutamenti sono numerosi e continui ma mai vistosi e sfacciati, come le nuvole che cambiano forma quando sono accarezzate dal vento veloce o come lo scintillio della luce che filtra attraverso il brulicare delle foglie, o meglio, per riprendere l'esempio iniziale, come il lento movimento di trasformazione delle figure che si percepisce nelle "Metamorfosi" di Escher. Come conseguenza le emozioni di ascolto sono un po' attutite ma se il gruppo riuscirà a dare più risalto a queste emozioni, più intensità alle proprie idee e lascerà la propria musica crescere e volare in alto, allora arriverà a vette memorabili, per il momento è un ottimo album e scusate se è poco.
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Jessica Attene
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