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RAZOR WIRE SHRINE The power of negative thinking autoprod. 2008 USA

Che dire, bravi son bravi, tecnica impeccabile, tocco pulito anche in condizioni di ipervelocità di esecuzione. Ma tutto questo è sufficiente? Abbiamo 40 minuti di progmetal generato da questi Razor Wire Strine, che - giusto per la cronaca - sono alla seconda uscita dopo “Going Deaf For A Living” del 2004. Se per il primo episodio si può parlare di musica estremamente derivativa, ma giustamente varia con evidenti richiami progmetal, ma anche interessanti echi di King Crimson, Rush e Yes, ecco che in questo nuovo episodio tutto si riduce ad un poderoso, complesso, cranioso compendio di metal ipertecnico tendente al math metal rock in diverse occasioni. Non che ci sia troppo di negativo in questa scelta, ma il deciso restringimento stilistico, è scontato, dovrà pure essere seguito da un restringimento di seguito, perché - in effetti - questo disco è indirizzato ad una cerchia di audiofili che cercano esattamente questo prodotto.
I sette brani, tutti intorno ai 5/7 minuti di durata, sono dei rapidi, ma massacranti esempi di come la musica incanalata artificiosamente in certi schemi possa risultare priva di emozionalità. Tutto è preciso e spolverato, come la sala della vecchia zia, quando la sia andava a trovare da bambino. Ogni vetrina è adibita a qualcosa di specifico: al posto delle bomboniere abbiamo gli assolo di chitarra, al posto delle tazzine del caffè (solo apparentemente impilate in bilico) i tempi di batteria, complicatissimi e serrati. Tutto è bello messo così ordinato e preciso, ma il problema è quella frase: “Non toccare nulla che mi lasci le ditate”. Se non tocco come posso essere partecipe, come posso leggere le targhette delle bomboniere e sapere a chi siano appartenute? Devo poter contare quelle tazzine, come devo poter contare le crome di quella intricata ritmica. Qui non è permesso nulla, l’ascolto è diretto, freddo, calcolato, non c’è un granello di polvere, non c’è emozione. E allora, per quelli come me, questo è troppo e questi pochi ascolti risultano sufficienti per sapere che questo disco non tornerà volentieri nel lettore, come non si tornava volentieri dalla vecchia zia.
Strenui fans del prog metal ipertecnico, questo è il vostro disco.

 

Roberto Vanali

Collegamenti ad altre recensioni

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ANDEAVOR The darkest fear 2009 
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LEGER DE MAIN The concept of our reality 1995 
LEGER DE MAIN Second first impression 1997 
LEGER DE MAIN A lasting impression 2005 
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RAZOR WIRE SHRINE Going deaf for a living 2004 

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