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Correva il 1999 quando gli statunitensi Andeavor debuttavano nel mondo discografico con “Once upon a time”, lavoro decisamente orientato al prog-metal. Esattamente dieci anni dopo ed in contemporanea con l’uscita del secondo album “The darkest fear”, la Progressive Music Management ristampa, rimasterizzato e remixato, quell’esordio offrendoci lo spunto per parlare di questa band che non ha ricevuto le stesse attenzioni dei più quotati artisti del campo e che, riascoltando oggi quelle note, avrebbe forse meritato miglior sorte. Fin dai primi minuti l’impressione è positiva, con un sound ovviamente grintoso, ritmi potenti, tastiere classicheggianti, il giusto “tiro” e solo la prova vocale non pienamente convincente. Inevitabile, in non pochi frangenti, l’accostamento ai Dream Theater, paragone che alla fin fine viene sempre fuori per un gruppo che si cimenta in questo filone. Ciò che ci spinge ad un giudizio benevolo nei confronti degli Andeavor e la loro capacità di non perdersi in quella voglia di mostrarsi ultratecnici e “perfettini” come ogni gruppo di prog-metal sembra voler fare. Sanno condensare le loro idee in brani che vanno da quattro ai nove minuti, senza inutili lungaggini, senza acrobazie strumentali, senza assolo chilometrici e, quasi di conseguenza, con un buon songwriting e con belle parti strumentali. Non privi di ingenuità, soprattutto quando certe similitudini col Teatro del Sogno sono particolarmente evidenti e quando puntano di più sulla melodia, gli Andeavor si lasciano ascoltare con piacere grazie alle qualità descritte. Se vi hanno stancato gli album di prog-metal odierni pieni di tecnologia e di virtuosismi noiosi provate a dare una chance a “Once upon a time”; potrebbe darvi qualche sorpresa.
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