Home
 
PETER HAMMILL Thin air Fie! Records 2009 UK

E’ nel Peter Hammill più cupo e malinconico che possiamo trovare il miglior Peter Hammill? Io credo di sì. Puntuale come sempre esce il nuovo lavoro di questo immenso autore e dal primo istante in cui ho avuto in mano il CD e ho cominciato a guardare copertina e note, ho iniziato ad avere certezze e sensazioni positive: sapevo di potermi fidare, musicalmente, di questo “Thin Air”.
Preso il booklet, ho scorso velocemente le pagine e due frasi mi hanno colpito al volo: “I miss you so, I miss you so, I miss you so” del brano “If We Must Part Like This” e “All the stars are darkening, all the stars extinguishing one by one.” Del brano finale “The Top of the World Club”. E subito, pregustando la voce straziata dal dolore nella sua solita massima espressività, ho pensato: “Eccolo, questo è l’Hammill che voglio sentire”. Passato il disco al lettore sono iniziate ad arrivare le conferme, anche se non troppo vicine all’idea che mi ero fatta.
“Thin Air”, diciamolo subito, è un bel disco, forse il migliore da un bel po’ di anni ed è anche un disco di riscoperta sia per i suoni, che ritornano anni ’70, sia nella costruzione sonora e stilistica, dove non si è troppo distanti dai grandi lavori di fine ’70, sia nella ricerca melodica e lirica, dove addirittura sfioriamo l’eccellenza.
Pensato, inciso e prodotto in totale solitudine, appare comunque più ricco rispetto ai dischi che normalmente Hammill ha voluto darci per dimostrare quanto sia in grado di mettere a nudo il suo intimo musicale. Così, grazie ad un lavoro di diversi mesi, possiamo apprezzare una tessitura sempre molto complessa, a tratti persino intricata, sulla quale pone, oltre alle mirabili melodie, vari livelli di chitarre, tastiere e persino batteria. Nel complesso c’è un certo ritorno di sonorità psichedeliche, sia nelle parti corali sia, specialmente, nelle molte chitarre effettate. Così che il sapore composito sia molto settantiano. Come ogni disco di Hammill, anche questo, supera le barriere di genere: prog, cantautoriale, pscichedelico, trasversale e intimamente suo. Possiede la forza di trascinarci nei suoi gorghi, in maniera quasi fisica, tra universi strutturati su intelaiature spigolose e ramificate, sulle quali espone la sua immensa ed unica liricità. Quattro brani su tutti saltano a sfiorare il capolavoro: l’iniziale “The Mercy”, “Ghost Of Planes”, “The Top Of The World Club” e “Undone”, brano dalla varietà e progressione melodica da brividi.
La fertile mente di Hammill ci ha donato un altro grande album, ricchissimo di profondità, dove la melanconia diventa disperazione. Ci ha narrato di tutte quelle creature sotterranee che abitano gli stretti canali della mente e dell’anima degli uomini. E con queste sue parole le deformi creature hanno preso vita, saltando dello specchio, rimbalzando tra noi e le nostre paure per generare quel dolore che ci rende più consapevoli.
Hammill è uomo del nostro tempo, per percezione letterale e poetica e, come tale, ciò che scrive è letteratura e poesia, non solo in senso musicale, ma certamente in senso assoluto.


Bookmark and Share
 

Roberto Vanali

Collegamenti ad altre recensioni

PETER HAMMILL Incoherence 2004 
PETER HAMMILL Singularity 2006 
PETER HAMMILL Veracious 2006 
VAN DER GRAAF GENERATOR Present 2005 
VAN DER GRAAF GENERATOR Present 2005 
VAN DER GRAAF GENERATOR Trisector 2008 
VAN DER GRAAF GENERATOR A grounding in numbers 2011 
VAN DER GRAAF GENERATOR Alt 2012 
VAN DER GRAAF GENERATOR Recorded live in concert at Metropolis Studios, London 2012 
VAN DER GRAAF GENERATOR Merlin atmos 2015 

Italian
English