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THE WATCH |
Timeless |
Pick Up Records |
2011 |
ITA |
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Immaginate se i Genesis, dopo i fasti di “Selling England”, avessero deciso di tornare a fare la musica pacata e quasi pastorale del loro album d’esordio. Ovviamente le esperienze successive a quell’acerbo “From Genesis to Revelation” sarebbero comunque confluite nel nuovo album e quindi… beh, quindi avremmo potuto ascoltare qualcosa di simile a questo nuovo lavoro dei The Watch, nato dopo una soddisfacente tournée in America in cui si sono esibiti nella riproposizione di tutto il disco di debutto di Gabriel e compagnia, cosa che, evidentemente, ha ispirato loro questa nuova prova in studio, a solo un anno di distanza dal precedente “Planet Earth?”. Se era possibile cogliere nelle ultime prove discografiche del gruppo una certa stanchezza e una sorta di ammosciamento, con questo nuovo “Timeless” sembra proprio che Rossetti, con tutti i suoi sodali, abbiano ritrovato un nuovo spunto per dar di nuovo vita a un album godibile, senza pause e senza strani attorcigliamenti che, a volte, sembravano far perdere il filo della composizione. L’opera è composta di 10 tracce di durata breve e non c’è grande spazio per gli attorcigliamenti di cui sopra, risultando abbastanza lineari. A dir la verità “Timeless” contiene sì 10 tracce, ma due di esse sono molto brevi (intorno al minuto), quasi una intro e un outro, e tre sono cover. Cover di chi? Non ve lo dico nemmeno… anzi sì: dei Genesis ovviamente, la splendida “Stagnation”, che chiude il CD, e due brani provenienti proprio dal periodo pre-"Trespass". Questi due brani (“In the Wilderness” e “Let Us Now Make Love”) si integrano benissimo nel contesto e sono state ottimamente riadattate tanto da far corpo unico nell’ambito dell’album. “Timeless”, come dicevo all’inizio, è pesantemente ispirato dall'opera prima dei Genesis, con momenti molto delicati e quasi pastorali, ma i suoni sono comunque pieni e decisamente sinfonici, come da matrice del gruppo. Qualche divagazione è pur presente, come l’inquietante “Scene of the Crime” o la quasi new-Prog “End of the Road” (non possono fare a meno di balzare alla mente gli IQ). Per il resto… che vi devo dire? Che la voce di Simone Rossetti è uguale a quella di Peter Gabriel? …Che l’intero disco è pervaso di déjà-vu genesisiani che solleticano continuamente i nostri sensi pavloviani? Farei un torto alla vostra intelligenza se mi aspettassi che per voi queste non fossero delle sorprese. Semmai c’è da dire che la formazione del gruppo è rimasta identica a quella dell’album precedente tranne per la presenza di un flautista dal nome di… John Hackett. Devo dire quindi che "Timeless" non delude certo le aspettative: il gruppo ormai lo conosciamo e, grosso modo, sappiamo cosa aspettarci da loro. Tuttavia in questo frangente i nostri cercano proporci qualcosa di leggermente diverso, quanto meno in partenza; non ho mai nascosto il mio apprezzamento per i The Watch, a dispetto di considerazioni di originalità, derivatività e richiami a un modello preciso (tutte considerazioni vere e reali, intendiamoci), e posso concludere questa mia breve analisi esprimendo il mio plauso per un album decisamente godibile che riesce ancora una volta, e anche più di altre volte, a catturarci nelle sue piacevoli maglie.
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Alberto Nucci
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