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OZRIC TENTACLES |
Paper monkeys |
Snapper Music |
2011 |
UK |
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Che gli Ozric Tentacles fossero da tempo una creatura ad immagine e somiglianza del leader Eddie Wynne era ormai cosa cognita; da un po’, aggiungiamo adesso, sono diventati letteralmente una sigla a conduzione familiare! Difatti, accanto al deus ex machina che come sempre si occupa di chitarre e sintetizzatori, abbiamo la moglie Brendi al basso (presente già da alcuni album, a volte anche come tastierista) ed il figlio Silas “Neptune” alle keys e ai synth. Chiude la formazione il batterista Ollie Seagle.
È risaputo: gli Ozric non sono più da diversi anni una band vera e propria bensì un gruppo di session men, i quali orbitano attorno ad un determinato circuito musicale e quindi parecchio affidabili. Questi professionisti, come accennato tra le righe, portano avanti le idee di Wynne, chitarrista psichedelico che in tutti questi anni ha saputo attuare tutta una serie di convergenze musicali, esattamente come dovrebbe accadere in quel fenomeno che è il prog. Il problema, semmai, è che anche nel caso del degno erede di Steve Hillage ci si è “cullati” in quelli che sono sempre i medesimi schemi, collaudati ed ormai non più creativi. Proprio come accade a molti gruppi prog! Un paradosso insito nel genere stesso, che in quanto tale dovrebbe essere sempre capace di rinnovarsi.
Speculazioni musico-filosofiche a parte, gli Ozric Tentacles propongono da una vita sempre la stessa solfa: psychedelic/space prog strumentale, assoli che oltre al già citato Hillage devono parecchio alla tradizione hendrixiana, sintetizzatori, sequencers e “bolle” di suono marino che accompagnano partiture arabeggianti. Insomma, la solita minestra. Visto il genere, sembra francamente improbo poter proporre qualcosa di nuovo senza snaturare il sound che tanto è stato amato dai propri fans. E così, artisti come Eddie Wynne saranno sempre attanagliati nella morsa del dilemma se osare qualcosa di nuovo, rischiando di far gridare allo scandalo, oppure rimanere sui soliti standard e farsi comunque rimbrottare da qualcuno. Sappiamo benissimo come è andata fino ad oggi. Questo “Paper Monkeys”, in definitiva, non si scosta poi molto da quel che già ben conosciamo.
C’è però da sottolineare che un unico ascolto, peggio ancora se frettoloso, potrebbe portare a delle conclusioni errate. Di primo acchitto, infatti, sembra che l’album parta con dei brani in cui a mancare sia proprio la chitarra, a favore di ritmi più “commerciali”, andando a recuperare nei brani finali la verve di sempre. Non è esattamente così. “Attack of the Vapours”, ad esempio, presenta un lavoro di chitarra parecchio “sotterraneo”, indispensabile nell’economia del pezzo, che va avanti con delle atmosfere che un po’ ricordano quelle del vecchio “Erpland”, ma anche “Curious corn”.
Già in “Lemon Kush” gli assoli fanno capolino, nonostante si privilegi la ritmica trance e si cerchi ogni tanto di ricreare quei suoni che con la dipartita del flautista John Egan erano spariti.
In “Flying Machine” la chitarra viene fuori ancora di più, nonostante sia sempre più forte la componente elettronica, in un’atmosfera cupa che col passare degli ascolti si fa sempre più interessante. “Knurl”, poi, nonostante tutto, sembrerebbe una rilettura di alcuni brani del fortunato “Become the other”, in cui Wynne viaggia spedito e rilassato tra ghirigori artificiali vari.
A questo punto, arriva davvero il piatto forte: “Lost in the Sky” e la title-track suonano come i classici da repertorio (nonostante qualche “ruffianeria” di troppo nel primo pezzo), in cui, tra le altre cose, si ha conferma di quanto si era già colto fin dall’inizio: la signora Wynne fornisce al basso una prova maiuscola ed il suo lavoro si rivela quindi preziosissimo! Tornando ai brani, il pezzo omonimo all’album farà sicuramente un’ottima figura dal vivo, potente e vario per com’è.
Bella ritmica funky in “Plown”, stavolta senza lasciare spazio a nessuna commercialità e continuando con il filotto positivo. “Will of the Wisps” dura oltre i dieci minuti e si impenna davvero solo nei minuti finali. “Air City” è una rilassata e dignitosa chiusura.
Inutile dire che chi finora ha comprato tutti i numerosissimi album degli Ozric Tentacles, live compresi, già avrà acquistato “Paper monkeys” senza leggere alcuna recensione. Le motivazioni vanno ricercate in tutto quanto esposto sopra. Chi non li conosce, di certo non resterà deluso ascoltando quest’ultima fatica. Ma in passato si è sicuramente saputo fare di molto meglio e quindi è corretto rimandare i neofiti a quelle uscite. Anche se, rimarchiamolo, sotto una determinata media Eddie Wynne non è mai sceso.
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Michele Merenda
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