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COMEDY OF ERRORS |
Disobey |
ACH Records |
2011 |
UK |
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I miei ricordi dei Comedy of Errors si perdono nella notte dei tempi: una musicassetta contenente una raccolta di brani del gruppo pubblicati sul finire degli anni ’80. Insomma uno dei numerosi gruppi britannici di quegli anni svanito come neve al sole. Poi, ad inizio 2011, leggendo qua e là in rete la notizia di un nuovo album, i (pochi) ricordi riaffioravano. Saranno loro? O Forse di un gruppo omonimo? Sciolto il dubbio: sono i “CoE” che conoscevo. Ben tre membri storici sono ancora in pista in questa nuova incarnazione: Joe Cairney alla voce, Jim Johnston alle tastiere e chitarre e Marc Spalding basso e chitarre. Aggiungiamoci Bruce Levick alla batteria e l’ospite Hew Montgomery (ex Abel Ganz e qui al basso in un brano) ed il gioco è fatto. A distanza di oltre 20 anni dalla precedente prova in studio, i CoE non spostano di molto le coordinate stilistiche della loro proposta: i “nonni” rimangono sempre i Genesis della seconda metà dei Seventies, i “genitori” i Pallas e gli Abel Ganz (solo perché due devono essere…), ma la freschezza compositiva, le melodie vincenti, le aperture ariose e mai pacchiane ce li fanno apprezzare senza remora alcuna. New prog tipicamente “British” o meglio “Scottish”, ma fatto veramente bene. Con una qualità che si mantiene sempre piuttosto alta, doveroso segnalare l’incalzante incedere di “Jekill” (brano che più new prog di così non si può), mentre lo strumentale “Prelude, riff and fugue” ha un approccio quasi “rinascimentale”, condito da melodici “assolo” di chitarra o di tastiere. Fra i must dell’album i 10 minuti di “Carousel”, soffusa all’inizio e dalle dinamiche più rock in seguito (Pendragon anni '90?). Chiude l’album la suite “The student prince” divisa in 4 movimenti (il primo dei quali, seppur in una versione differente, era presente nel primo mini LP della band, datato 1986). Un brano che alterna momenti dinamici ad altri più d’atmosfera, sfavillanti tastiere inframmezzate da inserti acustici. Certo il brano non raggiunge mai il dramma ed il pathos di una “Grendel” o la malinconica bellezza di “The last human gateway”, ma se fosse uscita a metà anni ’80 forse il pokerissimo Marillion - Twelfth Night – Pendragon - Pallas - IQ avrebbe avuto proprio nei CoE il sesto incomodo e magari la carriera del gruppo avrebbe avuto un altro destino. Non di meno quello proposto dalla band di Glasgow è quanto di meglio oggi si possa ascoltare in ambito new prog in Gran Bretagna e forse non solo (con qualche rara eccezione). Scusate se è poco.
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Valentino Butti
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