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Con invidiabile cadenza biennale tornano, con “House of the mind”, i Comedy Of Errors, band scozzese attiva sin dagli anni ottanta che, in questi ultimi anni, attraversa una brillante seconda giovinezza. Anzi, gli attestati di stima sono certamente superiori oggi che non trent’anni fa quando i “rivali”, in ambito new prog, si chiamavano Marillion, I.Q., Pendragon… Già con “Disobey” (2011), “Fanfare & Fantasy” (2013) e “Spirit” (2015), Joe Cairney (voce), Jim Johnston (tastiere) e Mark Spalding (chitarre), cioè i tre membri originari rimasti, avevano dimostrato di avere ottime idee con il loro “rassicurante” sound romantico-sinfonico per nulla invecchiato nelle loro mani e reso ancora più spumeggiante e raffinato rispetto agli esordi. Oggi la band si completa con John Fitzgerald al basso, Bruce Levick alla batteria e Sam Mc Culloch alla chitarra. “House of the Mind” è diviso in cinque tracce (tra le quali due lunghe suite), mentre un sesto brano, “Ever Be the Prize”, funge da bonus-track. La palma del miglior brano la assegniamo, senza esitazioni, a “Song of Wondering Jacomus”. Etereo e sognante, tanto da ricordare il mondo incantato di alcuni brani degli Yes (“Awaken”?), il pezzo, di quasi quattordici minuti, ci avvolge in una spirale senza tempo, tra soffici tastiere, cori celestiali, sprazzi sinfonici, parole “usate” anche per il loro “suono” ed un finale altamente emozionale e sempre molto… Yes. Il rischio di un brano così riuscito è quello di oscurare le altre composizioni che, invece, offrono comunque soluzioni gradevoli. La “rockeggiante” “Tachyon” è il piacevole brano di apertura, ammiccante ma con gusto. La title track (la seconda delle suite presenti) ha uno sviluppo più tradizionale e vive sugli ottimi interventi dell’elettrica di Spalding e delle tastiere di Johnston, con ampi contributi melodici affidati alla bella voce di Cairney. C’è spazio poi per un breve bozzetto acustico, “A Moment’s Peace”, e per l’altrettanto breve “One Fine Day”, con qualche accenno folk. “Ever Be the Prize”, che chiude l’album, ha un bel “punch” iniziale, una fase interlocutoria centrale ed ancora un finale scoppiettante. “House of the Mind” conferma il trend positivo delle ultime pubblicazioni targate CoE e li pone ormai come assolute certezze nel panorama new prog internazionale. Il fatto di essere tra i protagonisti del “Veruno Prog“ Festival di settembre 2017 è una ulteriore conferma della qualità della proposta dei ragazzi scozzesi. Da non perdere.
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