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VESPERO |
Subkraut: u-boats willkommen hier |
R.A.I.G. |
2012 |
RUS |
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“Un quadro concettuale composto da sei brani strumentali kraut-rock che si ispirano al futurismo russo del ventesimo secolo, l’underground musicale tedesco degli anni '70, i moderni scrittori di fantascienza americani, così come i misteri del Grande Oceano non ancora completamente spiegato dal genere umano”, questa è la presentazione tanto suggestiva quanto pragmatica del quarto album dei russi Vespero fatta sul sito della loro casa discografica. In copertina, dei sommergibili sparsi che con una specie di radiografia presentano al loro interno scheletri di balena, come se la Natura fosse stata “meccanicizzata” sul modello previsto proprio dalle visioni letterarie futuriste. È dal precedente album che lo si vuole declamare: i Vespero hanno virato verso il kraut. Ma a dir la verità, nell’immediato passato sembrava che venissero portati avanti gli schemi già pre-esistenti, ulteriormente migliorati. Qui le cose cambiano. Perché in effetti la band di Astrakhan pare puntare verso dei ritmi ripetitivi su cui far scorrere i synth, ricordando a tratti gli Amon Düül 2 o addirittura i Popol Vuh. A ciò bisogna però aggiungere lo space-rock che li ha sempre contraddistinti, facendo sì, cioè, che non sia mai stato possibile – nemmeno stavolta – definirli come i tanti cloni degli Ozric Tentacles, pur essendo evidenti i riferimenti alla band inglese. In questa ultima uscita, proprio per la ripetitività, sembra di essere più vicini agli ungheresi Korai Örom, con il rimando etnico comune ad entrambe le compagini. E poi c’è questo oceano abissale, terribilmente sconosciuto e quindi misterioso, che fa emergere tante paure… Ormai l’ossatura di quello che era in origine un ensemble aperto a tanti cambi di formazione è ben consolidata ed il gruppo porta avanti le proprie idee con convinzione, forte dell’autostima accumulata negli anni; i fratelli Ivan ed Arkady Fedotov (rispettivamente batteria e basso) sono la spina dorsale di questo sound “spaziale” che per l’occasione serpeggia nelle profondità marine, con la chitarra di Alexander Kuzvolev che compare quasi senza che all’inizio la si noti, per poi nuovamente immergersi tra i sintetizzatori di Alexei Klabukov. Uno scorrere uniforme e allo stesso coinvolgente, come nell’iniziale “The strangest thing in the ocean”, dove davvero la mente crea chissà quale figura dai contorni scuri. In effetti i richiami a certe atmosfere non erano per nulla nuovi, basti pensare alla versione live di “Tower”, ma qui si insiste maggiormente su quello che pare essere un sorta di concept strumentale. Anche le percussioni dell’ospite Ilya Semyonov hanno il loro effetto in tutto l’album, per poi invertire i ruoli con Ivan Fedotov su “Anpeilen!”, brano alla lunga ossessivo che con l’arpeggiatore di Elena Bolyozorova e soprattutto il sax di Alexei Esin si riconduce ai primi lavori (forse i migliori) del sopra citato gruppo magiaro, senza dimenticare la fonte prima in assoluto: i Gong. Il mistero si infittisce sempre più con “Underwater”, tra scandagli che misurano profondità infinite ed esplorazioni ignote, toccando il suo apice in “Target selection”, profondo psychedelic space-rock con il sinistro violoncello di Vladimir Belov che quasi evoca qualche strana creatura sul fondale buio della fantasia. E visto che ormai l’ambientazione è stata del tutto consolidata, il sax torna per “Angriff, ran, versenken!”, forse il momento migliore, dove si tocca l’apice grazie all’incotro/scontro con il flauto di Arkady Fedotov ed il chitarrismo altamente penetrante di Kuzvolev. Chiusura con “ALARM... The art of positive thinking”, ancora con il violoncello che tesse trame su solidi tappeti di sequencer, andando avanti con un crescendo di grosso impatto. Si vuole ribadire quanto detto fin qui tra le righe: questo quarto lavoro non possiede la medesima “agilità” delle altre prove ed è una scelta ben precisa. A qualcuno potrà non stare bene e magari la sensazione di stanchezza può essere anche oggettiva, ma sono i rischi che si corrono quando una band non vuole per forza fare album uguali l’uno all’altro. Occorre poi segnalare che esistono diverse edizioni di “Subkraut…”: oltre a quella di base che ha nel suo interno una mappa del fondale marino, ce n’è un’altra di circa una cinquantina di copie, la “Seebar edition”, con una confezione cartonata, mappa e tante foto. A ciò si aggiunge la versione in doppio vinile della Krauted Minds Records (su licenza R.A.I.G.) che presenta i 20 minuti inediti di “Liventure n. 8”.
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Michele Merenda
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