|
DORIS BRENDEL AND LEE DUNHAM |
Upside down world |
Sky-Rocket Records |
2015 |
UK |
|
Un po' di sano rock americano ogni tanto ci vuole. Parlo di quello che ci si spara in macchina con gli amici quando si percorrono lunghi e noiosi tragitti per recarsi al mare o ad assistere a un concerto, oppure di quello che capita di ascoltare inaspettatamente quando si infila nel lettore un dischetto che in teoria dovrebbe essere di progressive rock! Ora, non so a quanti sia accaduta una cosa del genere ma confesso che ho faticato a non mettermi a ridere quando le prime gustose note della chitarra in overdrive si sono trasformate in un riff pescato direttamente dalla fine degli anni '80, con tanto di batteria pompata e iper-effettata. Ho subito immaginato giacche di pelle con le frange, lunghissimi capelli cotonati fatti oscillare durante gli assoli di chitarra e pose alla Bon Jovi. Se siete troppo giovani e non avete avuto la "fortuna" di vivere quegli anni, dovreste guardare il film "Rock Star", che nel 2001 raccontava la storia di un giovane cantante finito per caso all'interno di una band heavy metal americana, poco prima che il grunge arrivasse a spazzare via senza tutto pietà. Dato però che nella musica niente muore definitivamente, non è affatto strano che anche questo tipo di rock ogni tanto torni a farsi sentire. Confesso tuttavia che non mi aspettavo niente del genere in "Upside down world", album pubblicato a nome Doris Brendel and Lee Dunham. La prima è una vocalist giunta all'ottavo lavoro discografico, dal curriculum che ha radici nei primi anni '90 e che annovera collaborazioni con varie band e artisti di diversa estrazione musicale (tra cui i Marillion). Lee Dunham è invece un chitarrista, poli-strumentista, produttore, tuttofare che ha accompagnato la Brendel in questo lavoro contribuendo alla composizione e, presumo, a creare il sound descritto all'inizio, oltre che quello dell'intero album. La track d'apertura ("The devil closed a door on me") è dunque evidentemente avulsa dal progressive, anche considerando in modo ampio la definizione di progressive-pop con cui viene pubblicizzato il disco ed il cambio d'atmosfera nella seconda parte. Subito dopo le cose variano, dato che l'hard rock lascia spazio ad un brano basato su suoni acustici, una sorta di lunga ballata costruita in sezioni aventi protagoniste in alternanza la voce e la chitarra su un substrato ritmico comunque molto presente e articolato, e una parte finale per sola chitarra acustica molto dolce e malinconica. Non c'è il tempo di tirare un sospiro di sollievo che torna nuovamente a farsi sentire il rock in "Slap me and you die", inizialmente molto tradizionale e poi tendente al prog-metal, ancora una volta conclusa da una breve coda per chitarra acustica. Proseguendo nell'ascolto si comincia a percepire uno schema, fatto dell'alternanza di brani serrati con altri più meditativi, ma si nota anche la volontà di variare gli schemi per realizzare un prodotto finito che cerchi di essere il più possibile eclettico. Troviamo così un brano più sperimentale, "Accessories", mix di pop, elettronica e metal, un altro tendente sfacciatamente al pop ("Tumbling away"), di nuovo prog-metal molto melodico ("A little act of defiance), una ballata dal sapore decisamente folk ("Upside down world"), un'altra con arrangiamenti d'archi ("Still running") ed infine un funk-rock non convenzionale che mi ha ricordato certe cose schizzate di Prince o dei Talking Heads. "Upside down world" è un album costruito fondamentalmente sulla voce di Doris Brendel e sulla chitarra di Lee Dunham, la prima graffiante e "maschia" (pure troppo) in alcuni brani e più suadente negli altri, la seconda prevalentemente dall'anima rock e a volte dedita alla ricerca di una maggiore emotività. Il tutto è mescolato in maniera forse un po' disunita, anche se ho l'impressione che la cosa sia voluta. L'ascolto è tutto sommato gradevole, sempre che si apprezzino le divagazioni eccessivamente rockettare. Per quanto mi riguarda, ho pensato spesso a come sarebbe stato divertente ascoltare in macchina un album fatto interamente di canzoni alla "The devil closed a door on me".
|
Nicola Sulas
Collegamenti
ad altre recensioni |
|