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SCHERZOO 03 Soleil Mutant 2015 FRA

Torniamo a seguire gli Scherzoo, giunti al terzo album a tre anni di distanza dalla seconda prova. Ricapitolando velocemente, ricordiamo che si tratta di un progetto portato avanti dal Francois Thollot, che dopo un paio di lavori solisti in cui aveva fatto quasi tutto da solo, ha deciso di sedersi dietro la batteria e di formare questo gruppo che continua ad andare avanti con una proposta musicale a cavallo tra jazz-rock e zeuhl. In “03”, un po’ a sorpresa, non lo troviamo più dietro le pelli, ma è impegnato al basso e alle tastiere ed è coadiuvato da Clement Curaudeau alla batteria, Maxime Mantovani alla chitarra e Reinaud Vernet al sassofono. Francois, quindi, mescola un po’ le carte in tavola, rivoluziona del tutto la line-up e sceglie di mostrare anche in questa occasione il suo eclettismo strumentale, ma riesce a realizzare un disco ben degno dei suoi predecessori. Come ogni opera legata al mondo zeuhl che si rispetti, la sezione ritmica va a formare l’ossatura portante e si distingue soprattutto per l’agilità con cui va a muoversi preparando il terreno alle scorribande attraverso cui si esibiscono e si intrecciano gli altri strumenti. Si susseguono sei brani nuovi di zecca, ancora una volta interamente strumentali e che evidenziano una forte omogeneità. Soprattutto nelle prime composizioni in scaletta, si nota che è spesso il sax ad andare in primo piano, con belle frasi melodiche che spingono soprattutto verso il jazz e che viene spesso coadiuvato alla perfezione dalle tastiere; la chitarra si ritaglia spazi più brevi, ma con grande efficacia, merito di parti solistiche di grande efficacia e incisività, che rievocano un po’ il James McGaw meno duro. In seguito le cose si fanno un po’ più toste e la chitarra riveste un ruolo di maggiore protagonista, anche se resta l’interplay tra i vari strumenti la caratteristica principale di “03”. Tra le cose più riuscite segnaliamo con piacere “La menace” e “Orient express”, probabilmente gli episodi più vicini al zeuhl, e il finale affidato a “Contagion”, oltre quattordici minuti avventurosi al punto giusto, in cui Thollot e compagni mostrano grande fantasia lanciandosi in ardite soluzioni e, tra cambi di atmosfera e stravolgimenti ritmici, riescono ad evocare sia la rigorosità di certo chamber rock vicino a classici come Univers Zero e Present, sia il calore del jazz-rock progressivo canterburiano. Non finisce qui: con Thollot nuovamente alla batteria e musicisti completamente diversi, alla fine del cd ci sono tre bonus tracks che vanno in direzioni abbastanza differenti. C’è dapprima “Prelude englouti”, un pezzo per solo piano, in vena classicheggiante; seguono poi “Turbulence” e i nove minuti di “Dissonata”, che vedono coinvolti anche la sezione ritmica, la ghironda e il violoncello e, con una strumentazione così particolare, è facile intuire che siamo di fronte ad un mix di sonorità stravaganti, tra jazz e avanguardia, ma senza mai perdere buone dosi di feeling. Al di là di queste tre tracce finali, siamo più vicini al primo album che non al secondo, ma indipendentemente da termini di paragoni non possiamo che confermare la bontà di questo progetto e la bravura di un musicista sempre più affermato nel mondo zeuhl.



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Peppe Di Spirito

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