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NTH ASCENSION |
In fine initium |
Melodic Revolution Records |
2016 |
UK |
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Quasi sessantotto minuti di potenza new-prog. E’ questo il contenuto di “In fine initium” dei britannici Nth Ascension. Si tratta per la seconda prova discografica per il quintetto formato nel 2009 su iniziativa del tastierista Darrel Treece-Birch (che in questo 2016 ha esordito anche come solista con un discreto lavoro di cui ci siamo già occupati) e del batterista Craig Walker, ai quali si sono poi aggiunti il cantante Alan “Spud” Taylor, il bassista Gavin Walker e il chitarrista Martin Walker. La traccia di apertura “Kingdom keys” ci porta immediatamente in quei territori cari agli Arena post “The visitor” o a quei Pendragon più duri e oscuri dell’ultima fase della loro carriera, con il sound molto aggressivo della chitarra, stemperato da quelle che sono splendide aperture sinfoniche delle tastiere. E come ogni lunga cavalcata new-prog che si rispetti, questa composizione che viaggia oltre i quindici minuti presenta tutto l’armamentario necessario fatto di cambi di tempo e di atmosfera. A completare il tutto ci sono parti vocali epiche e potenti. Con la descrizione dei contenuti del cd potremmo fermarci qui, perché gli altri brani non fanno che seguire queste caratteristiche appena descritte. Possiamo magari aggiungere che le tre tracce finali che formano una sorta di suite denominata “Clanaan” (e in particolare gli splendidi otto minuti della genesisiana “Forever”), rappresentano il vertice dell’album, o che ci sono alcuni momenti in cui i Nth Ascension puntano forte sulla melodia. Fondamentalmente, però, la band non di discosta dalla solita, tipica ricetta i cui risultati abbiamo ascoltato innumerevoli volte. A questo punto c’è da dire cosa può avere dalla sua per spingere all’acquisto… Be’, se siete superfanatici di quelle derive “heavy-new-prog” descritte fiondatevi pure senza pensarci troppo, c’è tutto quello che fa per voi. Al contrario è facile immaginare che chi nel prog cerca avventura e/o avanguardia non troverà nulla che gli può interessare. Volendo approfondire un po’ di più la questione c’è da dire che i Nth Ascension con “In fine initium” mostrano alcune ottime qualità, che tuttavia non gli permettono di aggirare alcuni difetti. Dalla loro hanno di sicuro una buona preparazione tecnica di base. I musicisti sanno suonare e si sente e sulla loro performance, da questo punto di vista, poco si può dire. Allo stesso modo, possiamo affermare che su otto tracce la maggior parte sono composizioni di qualità più che accettabile, con dinamiche sicuramente tipiche, ma costruite in maniera tale da rendere nei momenti migliori l’ascolto davvero piacevole. Pollice verso, invece, per una chitarra troppo ruggente, che, come spesso accade in operazioni simili, può sembrare a volte un corpo estraneo o far immaginare a come sarebbero andate meglio le cose con timbri che meglio si sarebbero impastati in una proposta orientata al rock sinfonico (anche perché sporadicamente questo avviene e le cose sembrano decollare…). Tutto ciò fa anche pensare che se si decidesse di accentrare maggiormente le composizioni sulle tastiere di Treece-Birch con ogni probabilità i risultati sarebbero migliori. Altra nota non positiva, ma questo, immaginiamo, si era capito da subito ed è comunque difetto comune alla maggior parte delle uscite odierne (prog e non), è la mancanza di originalità. Questo è quanto; riteniamo, quindi, che “In fine initium” sia un disco che ha le carte in regola per attirare - e tanto – un certo tipo di ascoltatori e per tenere a debita distanza altri, senza mezze misure.
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Peppe Di Spirito
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