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MYSTERY Lies and butterflies Unicorn Digital 2018 CAN

Settimo album in studio per i canadesi Mystery che, dopo i due lavori targati anni ’90, ed una successiva pausa di riflessione di un paio di lustri, sembrano aver trovato nuovo vigore compositivo con pubblicazioni (tra studio e live) regolari e convincenti. A dimostrazione dell’ottimo momento del leader Michel St. Père e soci ci sono le numerose date che la band ha proposto in Europa negli ultimi anni (Germania, Belgio, Olanda, Gran Bretagna, Polonia…) ed il passaggio anche in Italia nel 2016 con la presenza al prestigioso festival di Veruno. Un sound che sembra aver fatto breccia, finalmente, nel cuore dei fans della vecchia Europa con il suo mix di new prog melodico, pomp ed hard rock capace di mettere d’accordo un po’ tutti gli appassionati. Per i palati più esigenti (gli italiani?), per contro, tale rassicurante proposta, rischia di lasciare l’amaro in bocca poiché poco o nulla di nuovo si potrà ascoltare in “Lies and butterflies”, l’ultima fatica del gruppo canadese. 7 brani compongono la raccolta (con due lunghe tracce ad aprire e chiudere l’album) per oltre un’ora di durata complessiva. “Looking for someone else” apre le danze in pieno Mystery-style: impianto melodico convincente, chitarra gilmouriana, ariose fasi strumentali, una delicata sezione acustica (con piano, flauto…), la ripresa del cantato e finale vigoroso. Bello, ma già sentito? Già sentito, ma comunque bello? Prevedibile e quindi…? Ad ognuno la propria risposta. L’altra long-track (poco più di 15 minuti), “Chrysalis”, dopo una soffusa introduzione, si propone con una ritmica robusta ed una chitarra elettrica ficcante. Una pausa acustica precede l’ingresso della voce di Jean Pageau con tastiere in sottofondo. Ritornano la ritmica incalzante, le chitarre heavy, mentre il finale è decisamente più soft. Bel brano in definitiva a cui difetta un refrain convincente che possa essere ricordato immediatamente. Tra le due pièce de resistance, 5 brani confezionati con molto mestiere che non raggiungono vette qualitative eccelse. “Come to me” è un ruvido hard rock senza troppi fronzoli malgrado il bel “solo” di tastiere. “How do you feel?” è una power-ballad piuttosto ruffiana senza infamia e senza lode. Piuttosto prevedibile anche “Something to believe in” con solamente una sezione centrale molto valida con il flauto a tessere piacevoli melodie. Appena meglio “Dare to dream” con dei bei cori e squarci gilmouriani degni di nota. Convince, invece, “Where dreams come alive” con una ritmica frastagliata (gran lavoro del bassista François Fournier), sventagliate di synth e buon gusto melodico. La formula del gruppo canadese è ben oliata e, nel complesso, vincente, ciò nonostante “Lies and butterflies” segna un po’ il passo rispetto al ben più convincente “Delusion rain” del quale ricalca in parte le dinamiche, ma in modo meno ispirato. Non un brutto lavoro certamente ma, all’interno di un sound ormai consolidato (e che apprezziamo), ci aspettavamo qualcosa di più.



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Valentino Butti

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