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OTEME L'agguato, l'abbandono, il mutamento Ma.Ra.Cash 2015 ITA

La seconda uscita del progetto OTEME (che sta per Osservatorio Terre EMErse), guidato come sempre dal musicista fac-totum lucchese Stefano Giannotti e composto tra il 1992 ed il 2015, si pone idealmente in continuità al primo lavoro “Il Giardino Disincantato” e ne rappresenta l’ideale continuazione, sovrapponendosi ad esso in quanto a caratteristiche musicali ed intenti artistici, tanto che in sede di presentazione, ma non solo, possiamo tranquillamente ripetere quanto per esso fu scritto su queste pagine.
OTEME è un ensemble musicale, un laboratorio artistico, dove le idee sonore prendono vita ed escono dall’officina musicale toscana pronte per essere fruite da tutti a qualsiasi livello. Ensemble musicale che gioca a fare equilibrismi tra la musica contemporanea, la musica da camera, il cantautorato, il Rock In Opposition, l’avanguardia, senza mai cadere del tutto in uno di questi campi sonori. Ed è interessante come il livello qualitativo delle canzoni vere e proprie sia allo stesso livello se non superiore dei brani di natura più contemporanea, e mostra soprattutto quanto sia difficile riuscire a comporre una bella canzone d’autore al giorno d’oggi”. Questo veniva scritto all’epoca… e potremmo anche continuare ad autocitarci (anche se non sono io l’autore di queste righe) ma non posso certo cavarmela così a buon mercato…
Stefano è ancora accompagnato da una vera e propria orchestra da camera nella quale molti nomi sono cambiati rispetto all’album d’esordio senza per questo provocare uno stravolgimento del risultato. L’album è costituito da 10 canzoni che si muovono sinuose, senza accelerazioni, mantenendosi costantemente su andature e tonalità basse. La voce, sempre quella di Stefano, mantiene costantemente una cadenza cauta e ai limiti del recitato, saltuariamente accompagnata e sovrapposta da quella di Emanuela Lari, e continuamente contornata dai vari strumenti, in mezzo ai quali i suoni elettrici sono ridotti davvero al minimo.
Quest’album è stilisticamente molto omogeneo, non essendoci particolari sbalzi stilistici, anche se i brani cantati appaiono (ancora!) meglio riusciti di quelli interamente strumentali, tra i quali (altra sovrapposizione) è ancora presente un Bolero, posto in chiusura del trittico centrale che riprende il triplice titolo dell’album.
Suadentemente e mollemente arriviamo quindi a superare la metà dell’album, intrattenuti da questi brevi quadretti musicali costituiti da canzoni affascinanti e melliflue e da brevi porzioni puramente musicali. Ci imbattiamo tuttavia nei quasi 26 minuti di “Tracce nel Nulla”, composizione composita e composta il cui lungo ininterrotto dipanarsi rappresenta la vera novità di quest’album. Introdotta da delicate note di chitarra elettrica, il cantato cambia leggermente di tono, anche se la cadenza rimane la stessa, e comincia a narrarci una lunga storia. Narrazione accompagnata a tratti dalle note della chitarra elettrica, come abbiamo visto, e sottolineata da una timida ma costante batteria, sempre con una cornice di fiati che si muovono, apparentemente in modo casuale, intorno al cantato. Il brano si muove in pigra ma costante progressione, alzando lentamente ma progressivamente i toni e raggiungendo il suo apice intorno al decimo minuto, con note e toni parossistici e inusuali che s’interrompono poi all’improvviso. La narrazione e il brano stesso riprendono come nulla fosse, mantenendo tuttavia umori tenuemente minacciosi ed inquietanti e raggiungendo la sua conclusione in modo languido, con un finale in lenta dissolvenza.
L’album si chiude praticamente qui e consentitemi di dirvi che si tratta di un album bellissimo, mai noioso, malgrado il suo lentissimo incedere, per nulla difficile da ascoltare, malgrado il minimalismo e l’apparente complessità degli arrangiamenti, e affascinante, coinvolgente e inevitabilmente attraente.



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Alberto Nucci

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