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ON THE RAW Climbing the air Red Phone Records 2019 SPA

Un breve riassunto per presentare questa band catalana: si tratta di un progetto nato su iniziativa di tre membri della band prog-sinfonica Harvest (Jordi Amela -tastiere-, già nei Dracma, Jordi Prats -chitarre- e Alex Ojea -batteria-) che si sono uniti a Pep Espasa (sax e flauto) degli AppleSmellColour, altra band prog della zona, e al bassista Toni Sanchez per dar vita ad un progetto dai connotati dichiaratamente e marcatamente fusion. La band aveva esordito nel 2017 e meno di due anni dopo arriva questo secondo album sul quale si aggiungono anche i contributi degli ospiti Samuel Garcia (violino e tromba) e Cristina Falcinella (voce).
Rispetto all’esordio possiamo notare un lieve accorciamento delle tracce (sempre comunque nell’ordine dei 6-8 minuti) ed al contempo un loro maggior dinamismo; non solo non perdiamo nulla dell’ottima miscela di jazz-rock sinfonico che avevamo già apprezzato ma acquistiamo dei brani dalle ritmiche brillanti e sostenute, con una dose minore di funky ma immutate influenze canterburyane e assonanze Snarky Puppy e jazz urbano nell’aria. Così come l’esordio, anche quest’album è quasi interamente strumentale, salvo qualche sporadico intervento vocale, con un ruolo appena di contorno.
Il lavoro ritmico in buona parte dell’album è decisamente più impegnativo e in qualcuno dei brani, se non fosse per le decise sonorità jazz-fusion, potremmo parlare di hard Prog, come nell’ottima “Resistance”, il pezzo decisamente più energico del lotto, ma praticamente anche in tutta la prima parte del disco che, fino alla quarta traccia, procede spedito e vivace, con chitarre distorte e ritmiche frizzanti.
L’avvio dell’album, affidato alla title-track, è col botto: un brano lungo e variegato, ricco di sbalzi umorali che si chiude in gloria con ritmiche jazz tropicali. “Red Roses”, per quanto breve, è deliziosa e si avvia con una lunga parte di flauto e presenta ritmiche interessanti e un bell’assolo di sax. Già detto di “Resistance”, la successiva “Moneypenny” inizia anch’essa su sonorità pesanti (quasi sabbathiane!) ma vira ben presto su un funky alla Earth Wind & Fire per poi sfociare in una sorta di tributo musicale a James Bond, in riferimento al titolo del brano stesso, con un bel finale ricco di enfasi.
“Herois” ci fa tirare un po’ il fiato con un brano molto lento imperniato inizialmente sul flauto e un basso discreto ma ben udibile, così come i tenui vocalizzi di sottofondo, per poi dar spazio ad un discreto e soffuso piano che prelude ad un finale in crescendo, col sax che sale in cattedra. “Blackmail” ha un feeling anni ’70, con l’organo in bella evidenza, parti musicali lievemente funky e un bell’assolo di chitarra.
Chiudiamo l’album con un altro botto, se così vogliamo dire, non tanto dal punto di vista ritmico ma perché “Skeptic”, dopo un avvio tendente al funky, è il brano forse più Prog (in senso classico e sinfonico) dell’album, forse l’unico che ci faccia rimpiangere una durata più elevata, con la chiusura su note di flauto che avremmo voluto non sfumassero così presto.
Un bell’album… molto bello, direi, probabilmente anche migliore del precedente, più eclettico, ricco di variazioni musicali tutte ben concepite ed assestate, decisamente piacevole fin dal primo ascolto ma per il quale sono necessari ascolti ulteriori per poterne assaporare al meglio tutte le sfaccettature.



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Alberto Nucci

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