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Nel 2009 Riccardo Romano ricevette la diagnosi di autismo per il proprio figlioletto di due anni. Questa situazione lo fece piombare in un cupo sconforto, dovendo affrontare una situazione, come si può facilmente immaginare, nuova, inaspettata ed impegnativa. Nel corso degli anni l’essere riuscito poco a poco, errore dopo errore, ad entrare in sintonia con questo modo di essere del figlio, di questa sua particolare diversità, ha via via tramutato lo sconforto in stimolo positivo, riuscendo ad imparare egli stesso da lui. A questa particolare situazione personale è dedicato il secondo album solista di Riccardo, tastierista, lo ricordiamo, di RanestRane, Steve Rothery Band e dei Neverland (tribute band dei Marillion), articolato in due lunghe suite intervallate da un brano più breve. Riccardo Romano riesce a fare quasi tutto da solo, sia con le sue abituali tastiere che con mandolino, basso e percussioni (oltre al canto, ovviamente); accanto a lui ci sono praticamente i soli Luca Grimieri (chitarra) ed Enrico Rossetti (batteria), con alcuni ospiti sporadici quali buon Steven Rothery. Lo “Spectrum” del titolo, lo avrete forse capito, si riferisce allo spettro dell’autismo e il bell’artwork (opera di Davide Costa) è piuttosto evocativo del fulcro narrativo dell’album stesso. Essere a conoscenza di questa premessa ci fa approcciare all’ascolto di quest’album in maniera diversa dal solito, è innegabile, e ci si ritrova quasi ad immedesimarsi nei 50 minuti di una narrazione sentita ed intensa, a tratti drammatica ma ricca di positività, di speranza e di amore. La prima suite “In the Name of the Son”, suddivisa in 5 parti, dà inizio all’album. Musicalmente non si può fare a meno di notare l’ispirazione dominante mutuata dall’universo Marillion, in special modo nella loro versione hogarthiana, sia per le armonie musicali che ci riportano alla mente i loro vari lavori, da “Brave” in poi, che per quelle vocali, così simili allo Steve cantante, mentre l’altro Steve presta la sua chitarra nella seconda traccia della suite. Una voce recitata in italiano ripercorre la comunicazione del medico riguardo alla condizione di autismo riscontrata nel figlio; la traccia in questione è intitolata “Deny”… come la negazione della situazione spesso è la reazione del genitore cui viene comunicata. Il tono drammatico prende adesso il sopravvento, descrivendo ed accompagnando le reazioni di un genitore che si trova ad affrontare una sentenza ed un’impresa inattesa di fronte alla quale, è intuibile, ci si può trovare indifesi e disarmati. Il pathos raggiunge quindi il suo culmine e prosegue per la durata di questa suite. I sette minuti di “Deja Vu” fungono da spartiacque centrale dell’album; i toni si fanno pian piano più pacati, mantenendo sempre un tono di inquietudine e come di quieta disperazione, sostenuto da una musica orchestrata in modo commovente e quasi maestosa. Dalla seconda suite (“The Winner”), anch’essa articolata in 5 parti, sono stati tratti i due videoclip di presentazione dell’album ed in effetti qui ci sono forse i momenti migliori, quelli più intrisi di positività e di speranza ma in cui l’emotività e il pathos non vanno di certo a scemare, lasciando che la disperazione e l’impotente richiesta di aiuto d’inizio album lasci il posto all’amore e alla meraviglia. Non ci sono praticamente attimi di pausa e la conclusione dell’ultima traccia, con il tranquillo scemare delle ultime note ci coglie quasi impreparati. Non esito a riconoscere che “Spectrum” mi ha tenuto inchiodato all’ascolto dal primo all’ultimo minuto, grazie a una potenza espressiva e narrativa di notevole livello.
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