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Ho seguito ed apprezzato gli Ancient Veil sin dall’album d’esordio, omonimo, del 1995. La band era stata creata da Alessandro Serri e da Edmondo Romano dopo che gli stessi avevano “lasciato” gli Eris Pluvia, che avevano fondato anni prima. Dopo il debutto, sono passati ben ventidue anni prima di rivedere il gruppo in azione con “I am changing”. Da allora, le pubblicazioni si sono succedute con una certa regolarità. Nel 2018 con “New-The Ancient Veil remastered” e con il live “Rings of earthly… Live”, nel 2020 con “Unplugged live”, inframmezzato, nel 2019, da “Rings of earthly light and other songs” uscito a nome “Eris Pluvia/Ancient Veil”. Di questi giorni è la pubblicazione di “Puer aeternus”, registrato tra il 2020 ed il 2023 con musiche (per la maggior parte) di Alessandro Serri, mentre la storia ed i testi sono opera di Edmondo Romano. Si tratta di un album a tema (cantato in italiano, una novità per la band) incentrato sulla figura di Puer, un essere incorporeo senza sesso ed età, che vive in una sorta di Paradiso apparente. Un luogo “perfetto” che non gli permette di crescere e di assumersi responsabilità, confinandolo, di fatto, in una prigione. Per uscire da questo stato di sospensione, Puer accetta la sfida del Creatore che lo fa incarnare in un uomo con tutte le sfide che ne conseguono: il trascorrere del tempo, le sofferenze, lo sviluppo di una coscienza. Il Puer diventa così, dopo varie fasi iniziatiche, Hermes, un uomo potente e ricco, capace di modificare il futuro del pianeta. Divenuto maturo, sentirà il desiderio di ritornare al suo Eden sconfiggendo il Tempo e, convinto dal subdolo figlio Mercurio, cederà i suoi beni in cambio della vita eterna, distruggendo tutto quanto aveva costruito in precedenza, lasciando in “eredità” un mondo ritornato crudele e senza valori. Deluso e cieco, Hermes muore e lascia il posto a Kore che riprogetta il Pianeta alla luce di un nuovo rapporto con gli animali e con la Natura. Insomma, una storia piuttosto complessa che rappresenta sicuramente l’album più ambizioso dei musicisti genovesi. La band, oltre che dai fondatori Serri e Romano, si completa con Fabio Serri (fratello di Alessandro, pianoforte, Hammond e synth), Massimo Palermo al basso e Marco Fuliano alla batteria. Ad essi si aggiungono i numerosi ospiti chiamati ad interpretare i vari personaggi presenti (Lino Vairetti, Tony Cicco, Roberto Tiranti, Elisa Marangon, Simona Fasano, Sophya Baccini) ed un Ensemble di archi e fiati. L’album si articola in diciotto composizioni da ascoltare, possibilmente, senza interruzioni affinché si possano cogliere al meglio gli sviluppi della storia e fare proprie le numerose raffinatezze che costellano le varie tracce. Fondamentali, inoltre, sono le spiegazioni che accompagnano ogni singolo brano. L’album si apre con “L’eterno tempo”: una delicata introduzione affidata al pianoforte ed al flauto, anticipano il cantato di Alessandro Serri che ci presenta il protagonista ed i suoi dubbi interiori. Splendide melodie che ci conducono a “Il distacco”, in cui entra in scena il Creatore, interpretato da Lino Vairetti. Chitarre acustiche e classica ed ancora il flauto “descrivono” il paesaggio idilliaco dell’Eden. La straniante e claustrofobica “La caduta sulla terra” per soli sax e batteria è il link necessario per uno dei “must” dell’intero lavoro, “La visione della parte mancante”. Si tratta del preludio all’altrettanto splendida “Nella stanza l’intera storia umana”: qui entrano in scena l’Ensemble di archi, le chitarre acustiche, il soffio del moog, la sei corde di Serri con qualche notevole “solo” e la voce di Elisa Marangon (Anima) a cui risponde il coro, prima della breve esplosione sinfonica subito collegata a “Il senso dell’insensato”. Puer è diventato Hermes… Il brano è un altro notevole bozzetto acustico che poi si schiude in un crescendo ritmico scandito dall’urlo del sax di Romano. Tre minuti da pelle d’oca. Lo strumentale “La miseria del mondo” sposa la musica da camera con il jazz-rock con gli archi ed i fiati a duettare con la strumentazione elettrica. Il flauto ci accompagna in “La comprensione del tempo”, altro brano di estrema delicatezza. Le tre voci del Cantore (Tony Cicco), di Hermes (Alessandro Serri) e di Crono (Roberto Tiranti) descrivono l’invecchiamento di Hermes e l’avvicinarsi di Crono che, inghiottendolo e poi “rigettandolo” gli ridona la giovinezza. Un bel “solo” di Moog bissato da quello della chitarra elettrica, i cori angelici e gli archi ci conducono così al finale di questa, ennesima, brillante composizione. Un inizio evocativo, la delicata voce di Alessandro Serri, qui accompagnato dalla chitarra acustica ed il pianoforte colorano poi, “Amore e potere” con la solita preziosa presenza degli archi, ma anche del fagotto, del clarinetto e dell’oboe. È la volta, poi, di “L’ascesa di Hermes nel dio visibile”, un altro strumentale dai sentori jazz-rock, elegante e di grande sobrietà, anche se emergono un’anima sinfonica grazie ai synth di Fabio Serri e una etnica con le congas e gli shaker di Olmo Andres Manzano Orves. Il finale, al sax, è di Edmondo Romano. “Il terzo Millennio”, continuando a seguire il “percorso” di Hermes, è un brano malinconico con il pianoforte ed il flauto a scandirne il lento incedere, mentre una ritmica “discreta” ed un tappeto di tastiere, supportano il tutto. Ancora Fabio Serri e le sue “keyboards” ad aprire “La culla troppo stretta” e poi accompagnare le poche frasi cantate dal fratello Alessandro, che ci offre pure un sentito “guitar solo” subito bissato dai synth e da una ritmica, stavolta, più brillante. Una chitarra arpeggiata e belle linee di basso ci conducono poi a “Il secondo tradimento”, altro brano strumentale. Ritmiche ossessive, l’urlo del sax, atmosfere un poco inquietanti e stranianti interrotte, repentinamente, dopo poco più di due minuti per lasciare il posto al pianoforte ed a “Io e ombra”. Una traccia divisa in due momenti distinti: la prima, cantata, in cui Hermes, ormai disilluso ed affranto, assiste impotente alla distruzione dell’ultimo bosco a causa di una bomba e, in aggiunta, ridiventa cieco. Soffuse note di pianoforte e una batteria appena accennata, accompagnano la voce di Alessandro. Il secondo “momento”, strumentale, è uno struggente passaggio ad evocare la triste condizione del protagonista. Ci avviciniamo alla conclusione della vicenda con gli ultimi quattro brani. “Puer aeternus” vive ancora di questa sottile malinconia che la band sa cogliere, con maestria, grazie alla strumentazione acustica, vero e proprio trade-mark del gruppo nei momenti più coinvolgenti e toccanti come, nello specifico, la morte di Hermes. “La reviviscenza” è un breve saggio di bravura di Alessandro Serri alla chitarra classica che anticipa “La saggezza della natura”. Hermes non c’è più, al suo posto, ora, c’è Kore che, per predisposizione, non cerca gli uomini, bensì gli animali. Il brano è un florilegio di personaggi, oltre a Kore (interpretata da A. Serri): Thot (Sophya Baccini), Natura (Simona Fasano), Mercurio (Fabio Serri) e Crono (Roberto Tiranti). Tutto il meglio che il gruppo può offrire si sprigiona anche qui, stavolta con ritmiche più serrate, qualche ripresa melodica avvertita nei primi brani e gli interventi degli archi. Si chiude con “La nuova aurora” ed è un finale di speranza: la guerra scompare e con essa il vile denaro. Il mondo è “dominato” dalla Natura. Il sound, in crescendo ed arioso, supporta ottimamente questa nuova “condizione” e l’unico dispiacere è rappresentato dalla conclusione di questo lavoro, davvero senza punti deboli. Elaborato ed ad ampio raggio interpretativo, ma trattato in modo eccellente, con grande gusto ed attenzione maniacale al dettaglio, tanto che non possiamo che inchinarci a tanta bellezza.
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