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IL SEGNO DEL COMANDO Il domenicano bianco Nadir Music 2023 ITA

Con questo lavoro, il Segno del Comando completa una trilogia basata su opere dello scrittore austriaco Gustav Meyrink. Dopo “Der golem” del 2002 e “Il volto verde” del 2013, arriva nel 2023 “Il dominicano bianco”. La band genovese arriva a questo appuntamento con una line-up formata, dopo qualche riassestamento, da Diego Banchero (basso), Davide Bruzzi (chitarre e tastiere), Roberto Lucanato (chitarre), Riccardo Morello (voce), Beppi Menozzi (tastiere) e Fernando Cherchi (batteria). Nel nuovo album si mantiene forte il carattere dark che da sempre è una delle peculiarità del gruppo e, al contempo, si riduce il lato heavy e si accentua l’indirizzo prog sinfonico. La partenza con “Il libro color cinabro” è una bella introduzione classicheggiante e maestosa con un organo lugubre in bella evidenza, poi si entra maggiormente nel vivo con le tinte fosche de “La bianca strada”, con temi, intrecci e melodie che rimandano un po’ al passato e alle opere di Museo Rosenbach, Balletto di Bronzo e Biglietto per l’Inferno. La title-track enfatizza ancora di più l’orientamento prog di questo disco, con soluzioni che sembrano addirittura eredi degli Yes, ma velate da un alone oscuro. Confermano pienamente questa tendenza due splendidi brani strumentali: “La testa di Medusa”, altro momento sinfonico e altisonante dopo l’incipit, e “Il dissolvimento del corpo con la spada”, con tastiere e chitarre a intrecciarsi e inseguirsi su ritmi pronti a cambiare repentinamente, con divagazioni space-rock e senza disdegnare una spruzzata di funk rock che sembra omaggiare certe colonne sonore degli anni ‘70. E se “Ofelia” è uno splendido episodio pregno di romanticismo e dalle trame raffinate, ecco il salto indietro nel tempo di “Missa nigra 2023”, con cui il Segno del Comando rilancia un vecchio cavallo di battaglia proveniente dal primo album e qui proposto in una nuova veste in cui c’è qualche strizzatina d’occhio ai Goblin. Finale carico di malinconia ed inquietudine con “Solitudine”, dove il basso di Banchero, mente principale della band, diventa protagonista principale e guida verso un epilogo perfetto. In una carriera che va avanti da oltre trent’anni, il Segno del Comando non è stato un gruppo esattamente prolifico, ma la qualità delle loro proposte è sempre stata alta e sono stati considerati, giustamente, tra gli esponenti principali del dark-prog italiano. Con “Il domenicano bianco” hanno trovato nuovi equilibri, che hanno portato ad un ulteriore step verso l’alto. Songwriting ispirato, grande coesione, ottima prova vocale, atmosfere intriganti ed anche la registrazione pulita è un ulteriore punto di forza. Sì, probabilmente stiamo parlando del loro disco più bello e maturo.



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Peppe Di Spirito

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