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NOTTURNO CONCERTANTE Distressed colours Luminol Records 2024 ITA

Il Notturno Concertante si ripresenta nel 2024 con l’ottavo album “Distressed colours”, a quattro anni di distanza da “Let them say”. La premiata ditta Lucio Lazzaruolo – Raffaele Villanova è affiancata per l’occasione dal batterista Francesco Margherita e si presenta in trio. Ma a questo nucleo di base bisogna aggiungere alcuni collaboratori che danno una mano con svariati altri strumenti. Già la presenza di musicisti stranieri quali l’albanese Defrim Mala (clarinetto), la russa Nadia Khomoutova (violino), il greco Spiros Nikas (sassofono) e lo statunitense Jack Julian (tastiere) dà un’idea di certe connotazioni multietniche. Aggiungiamo poi due nomi ben noti del prog italiano: Cristiano Roversi (basso e stick), ricordato soprattutto per la sua attività con i Moongarden, e Gianluca Milanese (flauto) che può vantare un curriculum impressionante. Quattordici i brani presenti per poco più di tre quarti d’ora di musica in totale. La strada percorsa continua ad essere quella degli ultimi lavori, con un forte indirizzo world music ed una proposta interamente strumentale come nel già citato “Let them stay”. Ritornano, così, quelle commistioni di genere, di suoni, di timbri, di atmosfere, che i musicisti sono capaci di amalgamare in maniera pressoché perfetta. L’opener “Soft Moon” è un’introduzione che mette già in mostra lo spirito del Notturno Concertante di oggi, con ritmi up-tempo e intensi intarsi tra chitarra acustica, violino ed un pizzico di elettronica non invadente. A seguire ci sono brani che propongono un gusto a cavallo tra Mediterraneo e Medio Oriente (“Shadows party”, “Lost cloud”, “Skywriting”), inaspettate tentazioni crimsoniane deviate in maniera personale (la title track, “Dark silence”, “Poison town”), una ricerca a 360° (“Elusive”, “PR smiles”), folk-prog di squisita fattura (“Winterlude”). A volte si avverte qualche effetto nostalgia, come i fraseggi affascinanti di “Kissing cloud” e “Raw elegance”, momenti di classe che devono non poco all’eleganza di certe pagine scritte da Anthony Phillips, o come la vena melodica di “On the nature of things”, o, ancora, come le tentazioni fusion/funk di “Pastel ghosts”. Le composizioni sono brevi, ma i musicisti sono capaci di renderle ricche di tante sfaccettature e sfumature. Un ascolto attento fa cogliere finezze e soluzioni non banali che evidenziano, oltre la classe dei personaggi coinvolti, anche inventiva e ispirazione. A colpire con maggiore immediatezza sono gli strumenti acustici, dalle chitarre ai fiati e al violino, ma i ricami e le spinte dettati da tastiere, stick ed effetti elettronici hanno comunque un ruolo importantissimo. Il Notturno Concertante continua ad essere un gruppo alla costante ricerca di nuovi stimoli, che non si siede sugli allori, che segue un linguaggio sonoro con svariate influenze, ma portato avanti a modo proprio e capace di sfoggiare tecnica mantenendosi ben lontano da qualsiasi tipo di esibizionismo. Per di più, scegliere di puntare su un disco strumentale è sempre un atto di coraggio ed ulteriore segnale di quanto i musicisti guardino poco al mainstream. Chi segue la band fin dagli esordi sa perfettamente l’evoluzione che la ha portata a diventare quello che è oggi, attraverso un percorso naturale caratterizzato da musica sempre validissima, dal prog romantico dei primi tempi, a questa voglia di contaminare ed esplorare che viene mostrata oggi. Onore al merito, sia per le scelte che per i risultati ottenuti.

 

Peppe Di Spirito

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