|
DEUS EX MACHINA |
Cinque |
Cuneiform Records |
2002 |
ITA |
|
Stavolta la band bolognese non ha voluto sforzarsi granché per trovare un titolo al loro nuovo album in studio, il quinto appunto, il primo realizzato al di fuori dell'ala protettiva di Kaliphonia e della madre patria stessa. Ormai alle spalle gli entusiasmi incoscienti dei primissimi album, nonché il riflusso ultra-cerebrale dei successivi, la band pare aver trovato un equilibrio, anche se ciò non significa né che le palle siano ferme per ciò che li riguarda, né che si stia ascoltando il miglior materiale prodotto da Piras e soci. Ad ogni modo la band non sembra aver perso molta della propria energia, anche se l'album in molte sue parti esplora sonorità più pacate e riflessive, col violino di Alessandro Bonetti a guidare sovente le danze. La prima parte del CD contiene le parti musicali più impetuose ed irruenti, quelle in cui la fusione tra hard rock classico e jazz-rock raggiunge i livelli più elevati, col cantato di Alberto Piras in splendida forma, forse più alla Stratos che mai. Echi di Mahavishnu Orchestra, più che di Area, pervadono queste prime tracce che scorrono via meravigliandoci che il gruppo abbia saputo dare alla luce cinque album di così alto livello, pur con qualche alto e basso; partiture e ritmiche complesse si alternano ad aperture più tipicamente sinfoniche e a momenti di jazz quasi puro. Mano a mano la musica si fa un po' più introspettiva, come detto; il ruolo di Piras, va via via scemando, pur non andando a scomparire: i brani hanno parti strumentali più lunghe ed anche inusuali per il gruppo. Al termine delle 8 tracce... e della solita ghost track, viene quasi spontaneo riposizionare daccapo il lettore per riascoltare questo bel dischetto che, a parer mio, si posiziona leggermente al di sopra delle ultime due produzioni dei Deus.
|
Alberto Nucci
Collegamenti
ad altre recensioni |
|