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Questo secondo disco di Andrea Pavoni, alias Greenwall, si presenta un po' più unitario rispetto all'album d'esordio, vera compilation di brani scritti e registrati in vari periodi senza una vera continuità, ma trattasi pur sempre di un puzzle di composizioni strumentali non frutto di un unico periodo d'ispirazione (tra il '94 e il '98). Il genere proposto è a cavallo tra Prog e new age; sonorità quasi sempre pacate e sognanti, con pochissime impennate, se così si può dire. C'è da dire che proprio per il fatto che Greenwall fa tutto da sé, con tastiere, campionatori e batteria elettronica, succede che i brani più movimentati risultino anche i meno interessanti, dato che l'importanza della batteria elettronica (che tuttavia non è mai troppo invadente) cresce e nondimeno la musica metta a nudo la povertà della strumentazione. Tale povertà non si avverte, e tutto sommato non si avverte la mancanza di qualcosa, nei brani più intimistici e acustici, come l'iniziale "La nascita dei fiori", che racconta in musica l impressioni di trovarsi in un prato fiorito. La successiva "Tappetti persiani" sembra a dire il vero più un brano trance/disco che altro; in effetti la musica del disco non è ancorata ad alcun genere musicale preciso e il buon Andrea segue l'ispirazione del momento (vedi introduzione) nell'esplorare vari stilemi musicali anche piuttosto lontani l'uno dall'altro. A conti fatti, salvi episodi sporadici, il cd si presenta bene, forse un po' troppo lungo; un buon album di atmosfere e quadretti sonori.
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