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PERCY JONES - SCOTT MCGILL - RITCHIE DE CARLO Percy Jones Scott McGill Ritchie De Carlo Uniblab Records 2010 USA

Un’impressionante muro sonoro dalle furibonde e complesse partiture, jazz rock e fusion al limite delle capacità umane, insomma il succo del disco è un po’ questo.
I nomi sono tutti arcinoti e credo che nessuno di loro abbia bisogno di grandi presentazioni e in questa girandola strumentale sanno, oltre all’ovvia dimostrazione di grandi capacità tecniche, portare una certa innovazione ad un genere e a suoni che, pur ipersfruttati, sembra abbiano ancora cose da dire, oltre che ad uno stuolo di ascoltatori indefessi.
Undici brani piuttosto eterogenei in durata, da poco più di due minuti della più breve ai quasi dieci della più lunga, si snodano tra sperimentalismi, déjà vu, lunghi assolo, cambi di tempo ecc. ecc.
Per la parte relativa alla sezione déjà vu impossibile non rilevare assonanze con alcune cose dei primi Brand X, dei King Crimson recenti, dei Transatlantic, dei lavori di Fripp con Summers ex Police, quest’ultima presenta un assolo di chitarra, lungo e decisamente impressionante.
In 2 brani troviamo i guitar soundscapes dello special guest Markus Reuter, giovane chitarrista austriaco con all’attivo circa cinquanta incisioni in tredici anni, tra dischi suoi o collaborazioni eccellenti, tra le quali anche Ian Boddy e Pat Mastelotto.
Vista la poderosa sezione ritmica, la parte armonica e musicale spetta alla chitarra, sebbene spesso entrino delle tastiere sinth guidate via MIDI sia da DeCarlo, sia da McGill. Ed è quindi la chitarra che ha modo di spaziare attraverso le note su tempi vari, in sapore di McLaughling, Zappa, Di Meola, Holdsworth, Rypdal, sentendosi emule un po’ di tutti ma mantenendo ben chiaro uno stile proprio, deciso ed espressivo, sia con l’elettrica, sia con l’acustica.
Per le spettanze Percy Jones inutile dire della forma straordinaria in cui si trovino le sue dita di over 60, tanto che l’inizio del disco con “Menagerie Animoto”, pare uscito ora da un disco dei Brand X. Bravissimo e completo in ogni momento anche DeCarlo, che in più cura anche la produzione del disco.
Tra le cose da ricordare la travolgente sequenza chitarristica di “Polonium 210 Filter”, l’elastica e cangiante “43 Letsby Ave.”, che non si fa mancare neppure un momento prettamente Canterbury Sound, la lunga “The Ghost of 47 Letsby Ave.”, che porta bene il riferimento fatto all’inizio sulla produzione Fripp/Summers, la più eterea ed evocativa “Rising (Parts 1 & 2)” in sapore di certa Mahavishnu.
Visti i temi mi aspettavo un disco freddo e stancante, niente di ciò. Sì, forse un po’ di cose pensate a tavolino saltano fuori, ma c’è tanto cuore, ben più di quanto immaginassi. Consigliato!



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Roberto Vanali

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