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ELTON DEAN |
Moorsong |
Cuneiform Records |
2001 |
UK |
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Elton Dean è un celebre sassofonista britannico, che ha legato il suo nome ad una band storica come i Soft Machine. "Moorsong" è il suo ultimo lavoro solista, la cui produzione cristallina esalta al meglio le sonorità in esso contenute. Il cd può essere idealmente suddiviso in due parti; i primi 34 minuti dell'album, infatti, differiscono dai successivi sia per la musica proposta che per i musicisti impegnati. Oltre Dean al sax, questa prima parte vede la presenza di Fred T. Baker al basso, Liam Genockey alla batteria e Alex Maguire all'organo Hammond. Questa formazione si esibisce in un raffinato jazz-rock, che vede ovviamente in primo piano il sax di Dean, ma con l'Hammond di Maguire che si ritaglia spazi importanti e che fa immergere il disco in atmosfere molto "settantiane". In non pochi frangenti, punti di contatto con il periodo jazz-rock della Macchina Morbida si sentono in maniera abbastanza evidente, come nell'iniziale "John's fragment", o in "Willy the knife", o ancora in "Full fathom five". Più vicine ad un jazz classico e melodico, invece, "Bedrock ruse" e "Baker's treat", che nei suoi 10 minuti si caratterizza per le lunghe note del sax su ritmi lenti e su tappeti dell'organo di Maguire, il quale a metà del brano si esibisce in un ottimo assolo. La parte finale dell'album vede invece una line-up parzialmente diversa con Dean, Baker, Mark Hewins alla chitarra e Mark Sanders alle percussioni. I musicisti in questione offrono una musica meno jazzata e più sperimentale, enfatizzando improvvisazioni e dissonanze. Brani come "Reel welders" e "Soldering on" raggiungono quasi 10 minuti di durata a testa ed è un po' difficile digerirli per intero, mentre nella finale "Moorsong" si evidenziano quasi 6 minuti di duetti tra Dean e Hewins, tra improvvisazione e distorsioni, con i rispettivi strumenti. Insomma, se la prima parte dell'album è quasi esaltante, la seconda lascia un po' a desiderare, perdendo un po' d'anima e lanciandosi in tormentate e cervellotiche esecuzioni, alla ricerca di una maggiore complessità che mi sembra troppo fine a sé stessa. Mediamente il cd si mantiene comunque su ottimi livelli, ma è chiaro che si tratta di una produzione destinata soprattutto agli amanti del jazz-rock.
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Peppe Di Spirito
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