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Un altro grande ci ha lasciato… Un musicista che ha rivestito un ruolo fondamentale in una delle più perfette “creature” ammirate nel panorama canterburiano. Una nuova incarnazione dei Soft Machine, stavolta seguita dalla dicitura “Legacy”, un nuovo disco in studio (seguito di un esordio live), nemmeno il tempo di vederne i frutti ed il sassofonista Elton Dean, il cui nome si ritrova in un numero sterminato di dischi legati al mondo del progressive, è improvvisamente venuto a mancare. E come sempre in questi casi si pensa alle note del suo strumento che ci hanno accompagnato per tanti anni e a quelle note che avremmo potuto ascoltare in futuro e di cui, invece, l’ineluttabilità del fato ci ha privato. Elton era in forma e così i suoi compagni di avventura John Etheridge (chitarra), Hugh Hopper (basso) e John Marshall (batteria). Insieme, i quattro avevano ridato vita ad una sigla gloriosa ed il risultato è questo bel lavoro che ci riporta in quei sentieri fatti di rock progressivo, jazz e avanguardia che negli anni hanno caratterizzato la mitica band. Con il passare del tempo, in genere, i “reduci” di Canterbury si sono spesso orientati verso il jazz-rock, a volte in forme molto libere in cui si dà tanto spazio all’improvvisazione, a volte, invece, con proposte più di maniera. “Soft Machine Legacy” prova un po’ ad unire entrambe queste sfaccettature e suona molto fresco, sia nei momenti di classica commistione delle forme del jazz e del rock, sia nei momenti maggiormente “free”, sia in quelle situazioni in cui la band finisce con l’omaggiare sé stessa, persino autocitandosi in “Ratlift”, in cui si ravvisano frammenti di temi tratti dal momento più aureo di “Third”-“Fifth”. In linea di massima si denota un sound molto coeso, in cui ogni musicista svolge il suo compito alla grande e con unione di intenti, ma non mancano gli spazi solistici, nei quali sono soprattutto la sei corde elettrica di Etheridge e, manco a dirlo, i fiati di Dean a emergere particolarmente. Quasi un’ora di musica strumentale, suonata con la passione e la classe di chi, dopo tantissimi anni di esperienza, mostra ancora una voglia di suonare che ha pochi eguali. Con questa ennesima denominazione, stavolta anche un po’ profetica, la Macchina Soffice lascia un’altra ottima testimonianza musicale; testimonianza che ci fa ascoltare anche l’ultima eccellente prova di un artista che rimarrà nei cuori di tutti coloro che lo hanno seguito in quasi quaranta anni di onoratissima carriera.
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