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A quasi 25 anni di distanza da quel 10 ottobre 1969 che vide l'uscita del loro primo mitico (come appare riduttivo quest'aggettivo...) album, il Re Cremisi è di nuovo in pista, dunque. La formazione di questa ennesima incarnazione della creatura di Robert Fripp è quanto meno sconvolgente, stavolta: al quartetto Fripp/Levin Belew/Bruford già presente sui tre album degli '80, si sono aggiunti lo stick di Trey Gunn e le percussioni di Pat Mastellotto, a formare così un doppio trio chitarra/basso/batteria che già in partenza prometteva fuochi artificiali. Fin dal titolo, e dalla relativa title-track, le promesse vengono mantenute: tutti i musicisti hanno attraversato momenti che li hanno visti cimentarsi in vari generi musicali (dal jazz di Bruford alle tournées con Baglioni di Levin), ma, ritrovatisi tutti insieme, lo stile Crimson ritorna inequivocabilmente a galla. Esso ritorna a galla proponendoci, e questa è davvero una bella sorpresa, di ripartire dal discorso interrotto bruscamente nel 1974 con l'album "Red", non rinnegando (anzi...) il lavoro svolto negli anni '80. La tormentata "VROOOM", che inizia il CD, dà subito un esempio di quello che voglio dire: ritmica potente e ruvida, intervallata da sottili cesellature delle due chitarre, con quella di Belew a dettare spesso il passo con le sue strane e sinistre sonorità. Laddove la voce dello stesso Belew s'inserisce, si viene a creare una miscela sapientemente sconclusionata che già i conoscitori del gruppo sanno apprezzare (per un esempio, ascoltate e mandate giù tutta d'un fiato la breve "Cage"). Si può parlare talvolta di musica industriale, ma sappiamo bene tutti che c'è molto di più in ballo. Un CD assolutamente da non perdere e da scoprire momento dopo momento. Esso dura solo 31 minuti: in effetti non è propriamente il nuovo album dei Crimson, bensì solo un piccolo assaggio di ciò che il gruppo ci proporrà col nuovo lavoro che uscirà tra breve, e allora sì che ci sarà da divertirsi...
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