|
È una voragine, che si apre. In fondo alla voragine un gorgo, pronto a risucchiare le anime in un inferno rovesciato e reale. In fondo al gorgo non luce, non fiamme, ma grigiore e chilometri di filo spinato, contorto e ritorto ad avvolgere, in un triste e infinito abbraccio, un solo mattone. Terra, cotta in un forno sapiente. Ignaro della sua destinazione, l’artigiano che lo fabbricò, come il falegname che tagliò le assi per le croci del Golgota.
Quel mattone, assieme a mille e mille altri mattoni racchiusero le stanze, le camerate, gli uffici, i laboratori, le camere a gas e i forni crematori dei campi di concentramento nazisti. E attorno, a contenere il tutto, nel cerchio delle più meschine e vili torture, ecco tornare il filo spinato. Non un inizio, non una fine, lungo quanto la mente stessa lo possa immaginare, in quello che fu uno dei più gravi atti contro l’umanità dell’intera storia dell’uomo.
Gerald Krampl, già leader di Agnus Dei, Indigo e, sopratutto, Kyrie Eleison, ha scritto le musiche di questo CD per una presentazione multimediale itinerante, nella quel vengono presentate foto e scritti originali dei testimoni oculari dell’olocausto. La tragicità dell’evento e della documentazione presentata hanno ispirato l’autore nella produzione di queste musiche sviluppate da sequenze e loops, sui quali si muovono movimenti di pianoforte, synths e orchestra virtuale, per accompagnare le forti sensazioni visive con un maggiore coinvolgimento dettato dall’ascolto. Tutto materiale originale che si pone con lenta solennità e tira fuori, portandoli al centro dell’anima, ora gli occhi sgranati di un bimbo che guarda ignaro verso l’obiettivo, ora i corpi ammassati su un carro dei morti diretti alla cremazione, ora lo spettro di una figura consunta senza più sesso, senza più età, senza più carne, che possa dimostrarne la sua stessa esistenza.
E, come per la figura sopra descritta, anche nelle musiche non c’è nulla che sia riconducibile a qualcosa d’altro: non c’è prog, come non c’è classica, jazz o che di diverso. Non ci sono Genesis, Camel, Magma o chiunque ci possa venire in mente. C’è solo la musica ispirata.
Ed è proprio in quella ispirazione che ritroviamo tutto e tutti. Le stesse fonti che hanno ispirato per anni il prog e la classica minimale, Anthony Phillips per i sui lavori più intimi, Gabriel per “The Passion”, Brian Eno, Robert Fripp per alcune scelte di note cadenzate e danzanti attorno ad una “non musica” di classe. Qualcosa forse di ispirazione elettronica tedesca e dei minimalisti mitteleuropei.
Complessivamente un CD che trascende le singole sequenze di note, semplicemente per portarci il lamento infinito, la desolazione, la rabbia, il rammarico e, soprattutto, il monito a non tenere gli occhi chiusi di fronte ai malanni che il genere umano ha prodotto contro se stesso.
“Claustrum” è la parola latina che meglio identifica questo stato di cose, di fobie, di malessere ribadito e reiterato da ogni pigiata sui tasti, per una musica nata da passione, consapevolezza e grande devozione. Un disco melodico e sinfonico, seppur minimale, consigliato a chi avesse voglia di un coinvolgimento pacato, per 50 minuti all’insegna della riflessione. L’autore consiglia una visita al sito per vedere alcune foto estratte dal progetto. Per chi se la sentisse mi accodo al consiglio, tenendo il commento musicale in sottofondo è un’esperienza che può lasciare qualcosa.
|