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LITTLE TRAGEDIES |
The sixth sense |
Mals/Musea |
2006 |
RUS |
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A poca distanza dalla pubblicazione di un album sontuoso e pirotecnico, per di più doppio, il gruppo russo torna con un album decisamente più lirico ed intenso, sentimentale ed emotivo, distante insomma dalla grandiosità evocata da un personaggio come quello di Faust. Al centro dell'opera ci sono ancora i testi dell'amato poeta Gumilev ma questa volta ad essere celebrati sono i sentimenti umani come l'amore, l'amicizia e la ricerca del significato della vita. Non abbiamo più un concept unitario ma una raccolta di storie e situazioni diverse abbastanza eterogenee ma che hanno in comune i sentimenti appena descritti. Spiega Gennady che secondo Gumilev il sesto senso è la capacità di percepire Dio che può essere acquisita attraverso il dolore e la sofferenza.
La traccia di apertura è ancora molto sgargiante, con le consuete esplosioni organistiche alla EL&P, forti richiami alla musica classica e robusti riff di chitarra elettrica, ma non lasciatevi fuorviare, l'album è destinato a sbocciare nel corso dell'ascolto aprendosi a soluzioni via via più intense e complesse. Già dalla seconda traccia, "Bird", le atmosfere si fanno più languide, con un romantico sassofono che disegna melodie delicate, accompagnato da un pianoforte malinconico che ispira sentimenti di profonda rassegnazione. La parte centrale, con le sue belle accelerazioni dettate sempre dal piano, è molto melodrammatica ed in generale il pezzo mostra una carica emotiva molto forte, forse mai sviscerata così a fondo nelle produzioni precedenti. Vengono insomma risparmiati inutili barocchismi spostando l'attenzione sul mood delle composizioni in cui finalmente c'è il tempo per respirare, riflettere e lasciarsi travolgere dalle emozioni. In "On the Seashore" viene utilizzato un clavicembalo ma le atmosfere sono meditative: il pezzo rappresenta un dialogo con la luna, topos molto comune in poesia e trattato anche da Gumilev che in questo caso ha tradotto in russo una composizione francese. "Prodigal Son" è il pezzo più lungo (12 minuti e 35) ed ha la struttura di una piccola suite in 4 parti che illustra la celebre parabola del figliol prodigo. Molto belli sono i temi musicali, articolati con sensibilità ed immaginazione con un uso molto elegante del Moog. Da qui in poi abbiamo una collana di composizioni più brevi (in media 3 o 4 minuti l'una): "Consolation" è una canzone molto dolce dalle atmosfere tenui, si tratta di una preghiera dedicata all'amata scomparsa; "Dream" sfodera sequenze più drammatiche, con una citazione centrale molto bella del "Valzer Fantasia" di Glinka; "Bonding" è un delicato intermezzo di appena un minuto; con "Turkey" tornano le belle esplosioni barocche, si tratta di un pezzo ironico e molto movimentato che parla di un ragazzo che ricorda il suo terrore infantile verso i tacchini paragonandolo all'amore non corrisposto per una ragazza; "I Am Polite With Modern Life…" è guidato ancora una volta dal clavicembalo e si tratta di un pezzo che parla di ricordi e rimpianti. In chiusura le durate si dilatano con una coppia di pezzi di 7 minuti circa: "Pre-Memory" si apre ed è guidata da sequenze di Moog molto eleganti, in Yes style, che si intrecciano morbidamente col sax, e parla di un uomo che sogna di trovare finalmente pace dopo una vita tormentata e di riposare lungo un fiume; "You and I" è un'opposizione del poeta nei riguardi della società e una dichiarazione di assoluta libertà. La canzone chiude l'album in un cerchio ripetendo uno dei temi musicali che si possono ascoltare nella prima traccia. Il pezzo, molto dinamico e vario, si basa soprattutto su sequenze festose con vivaci marcette trionfali e svela infine il significato dell'intero album, spiegando che se il sesto senso è la capacità di percepire Dio, allora la libertà è il valore più importante da ricercare. "I Haven't Lived, I've Suffered Through It…" è un breve epilogo conclusivo che suggella in maniera delicata un'opera davvero ricca di contenuti musicali e letterari.
L'album è notevole sul piano compositivo e mostra la grande sensibilità di un artista capace, dalle idee inesauribili e in continua crescita. Gli elementi di maggior valore vanno ricercati nella rielaborazione personale dei grandi motivi della musica classica e nella progettazione globale dell'opera. Forse il punto debole rimane il cantato di Gennady, sempre in russo, che somiglia a una declamazione, tuttavia il suo stile un po' particolare si adatta bene alle composizioni non intaccandone la bellezza. E' incredibile come questa band sia riuscita a creare, nell'arco di appena tre anni, tre opere di così alto livello, tutto sommato senza neanche ripetersi: per gli amanti del prog sinfonico si tratta di una delle uscite imperdibili dell'anno.
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Jessica Attene
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