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EZRA |
Songs from Pennsylvania |
F2 Music |
2006 |
UK |
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Dopo 8 anni di silenzio tornano a farsi sentire I gallesi Ezra con un album il cui titolo forse vuol far presupporre una certa virata verso un sound americano… o forse addirittura una sorta di omaggio agli Echolyn? Se la seconda ipotesi appare come una forzatura, la prima non è così tanto peregrina, come ci accorgiamo una volta inserito il CD nel lettore. Gli Ezra avevano già attraversato dei cambi di rotta nella loro carriera e questo non è certo il più traumatico (il gruppo iniziò con una Prog AOR ben poco attrattivo). Oltre che da sonorità un po' americane questo nuovo album è caratterizzato da un feeling che ondeggia un po' tra Pink Floyd più melodici ed i Beatles di "Abbey Road". Senza alcun dubbio il risultato è gradevole, certamente gli inizi della band di 12 anni prima sono solo un ricordo fastidioso; le atmosfere spesso deliziosamente acustiche e le melodie che vengono create nelle 7 canzoni dell'album riescono a catturare la nostra attenzione e risultano gradevoli ad un orecchio avvezzo a sonorità melodiche e raffinate. Dopo l'avvio di album abbastanza up-tempo (perdincibaccolina… però… qui un che degli Echolyn ce lo sento davvero…!) delle prime due canzoni, la musica via via, con lo scorrere dei minuti, si fa sempre più raffinata e melliflua, con un cantato che spesso si fa soffuso e a più voci. Dopo il potenziale singolo di "A little bit more", la seconda traccia "Everyday" non può far a meno di portarci alla mente gli Yes; queste due appaiono come le canzoni più deboli del lotto, certamente le meno personali, ancorché divertenti e non sgradevoli. Le cose cominciano a farsi più serie con "Summer again", la prima delle canzoni in cui appaiono quei riferimenti stilistici sopra accennati con atmosfere che si fanno più pacate e dilatate. Con la successiva "Underground" le ritmiche si fanno di nuovo più movimentate, per un brano dal feeling anni '80 molto particolare, con un finale trascinante. "Changes", la canzone più lunga dell'album coi suoi 11 minuti e rotti, torna a far calmare le acque con reminiscenze floydiane, sonorità di chitarra liquide ed atmosfere sognanti. Le ultime due composizioni si mantengono più o meno su questi toni, chiudendo così un buon lavoro da parte di un gruppo che non sarà certo particolarmente personale o inventivo, ma che, nel corso degli anni, ha saputo trovare una propria dimensione musicale, centellinando le pubblicazioni e acquisendo una credibilità accettabile nel nostro piccolo mondo Prog.
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Alberto Nucci
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