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RITUAL Ritual Musea 1995 SVE

La Scandinavia può essere oggi considerata dall'appassionato di rock progressivo nello stesso modo in cui Zio Paperone considerava il Klondike. L'uscita di questo ottimo lavoro degli svedesi Ritual ribadisce infetti la stupefacente fertilità musicale di queste terre nordiche, non tanto sotto il profilo quantitativo, quanto sotto quello qualitativo. Dopo gli ormai celeberrimi Anekdoten, Landberk, Änglagård, White Willow, ecc., consacrati prepotentemente nell'olimpo progressivo dei grandi gruppi contemporanei, non posso non prevedere, con notevole facilità, una analoga sorte anche per i giovani Ritual.

Le radici melodiche del gruppo affondano consistentemente le loro estreme appendici negli anni 70 dei Genesis e dei Gentle Giant, avendo però l'accortezza e il buon gusto di attingere anche dall'esperienza rock più recente e dal fantasioso folk di matrice tipicamente nordica. Il risultato finale di questa miscela melodica è dato da un'estrema eterogeneità fra i diversi brani: dai folkeggianti "Dependence day" e "The way of things" (dove emergono anche alcuni lievi riferimenti ai Jethro Tull), passiamo a "A little more like me" tributo al sound dei seventies con evidenti somiglianze a quello dei Gentle Giant. Nonostante queste palesi origini sonore i Ritual non possono essere certo annoverati fra le fila dei gruppi imputabili di plagio, considerata l'estrema personalità con cui il gruppo riesce a proporre i propri brani. Per certi aspetti questa band può essere assimilata agli americani Echolyn vista l'estrema perizia tecnica e l'impostazione melodica originaria dei '70s interpretata in chiave moderna che accomunano i due gruppi. I Ritual si discostano invece dalla band di West Point per una maggiore propensione ai suoni e alle melodie degli anni settanta e per una maggiore varietà stilistica dei vari brani. L'eccezionale preparazione tecnica di questi musicisti svedesi (cosa peraltro comune a quasi tutti i gruppi scandinavi) permette di portare avanti un discorso musicale che, nonostante possa apparire contraddittorio, è allo stesso tempo complicato nella sua semplicità esteriore. Certo che i virtuosismi strumentali non mancano anche se, nel complesso, risulta un lavoro che si lascia ascoltare molto facilmente, grazie a melodie piacevoli ma non leggere. Pur essendo una band che propone un prog meno duro e puro come quello di alcuni suoi conterranei, sono sicuro che "Ritual", con la sua fresca vitalità, saprà colmare l'incolmabile vuoto lasciato dalla prematura scomparsa degli Änglagård.

 

Giovanni Baldi

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