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Tornano di nuovo i grandiosi Kaipa, se di Kaipa si può ancora parlare. Infatti sono presenti della storica line-up soltanto l'instancabile Roine Stolt ed il tastierista Hans Lundin. Anche la musica, sebbene affondi le sue radici in profondità, nel glorioso passato, appare vistosamente rinnovata rispetto a quella classica dei Seventies. Non ci sono cambiamenti di formazione rispetto a "Notes from the past" del 2002. Alla coppia storica si uniscono ancora una volta Morgan Ågren alla batteria, Jonas Reingold al basso, Aleena, la cui voce leggiadra e tecnica si affianca a quella di Patrick Lundström che, in quest'occasione, si abbandona ad un'interpretazione più personale ed emozionante. In quest'album c'è sicuramente maggior spazio per le parti cantate, cosa che dona all'opera una certa continuità ed impreziosisce notevolmente le composizioni. In particolare piacciono i momenti in cui le voci dei due cantanti si affiancano ed intrecciano. Occorre considerare che la quasi totalità del materiale sonoro è stata composta da Hans; ciononostante non si può fare a meno di notare una pesante influenza Stoltiana, incentrata soprattutto sull'universo dei Flower Kings. Questo disco potrebbe far pensare ad un paradiso artificiale ideato per aprire gli orizzonti musicali del prog sinfonico ad una fascia più ampia di pubblico: la musica è infatti gradevolmente fruibile. Bisogna comunque ammettere che si tratta di un gran bell'album, intensamente sinfonico, profondamente melodico, ben strutturato ed equilibrato. Non è per nulla ridondante, difetto che spesso tara la musica del pur capace Roine, né è presente materiale di scarto. Rispetto al suo predecessore, "Keyholder" si fa apprezzare per una maggiore integrazione dei musicisti, una fantasia compositiva più vivace ed una più ampia varietà negli arrangiamenti. Insomma è certamente più curato e ragionato. Nulla di strepitoso per gli animi più esigenti e, per citare gli stessi Kaipa: "Nulla di nuovo sotto il sole".
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