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ZEROTHEHERO Horror vacui Mellow Records 2011 ITA

No, i Black Sabbath non c’entrano, “Horror vacui” non ha niente a che vedere con la “Zero the hero” cantata da un Ian Gillan capitato quasi per caso nel gruppo di Birmingham ormai trenta anni fa. Niente hard rock quindi, né ardite tracce vocali dato che l’album è completamente strumentale. C’entrano un po’ di più i Gong, che ancora prima dei Black Sabbath intitolarono un brano allo stesso modo, anche se la follia alla Daevid Allen è estranea alla musica di Carlo Barreca, autore di questo disco solista uscito per Mellow Records.
“Horror vacui” parla un linguaggio visionario, apparentemente cupo ma capace di far volare l’immaginazione, con l’autore che fa quasi tutto da solo realizzando un lavoro dal sapore intimista e personale. I quarantacinque minuti di durata si susseguono quasi come un’unica traccia, con poche interruzioni studiate per consentire all’ascoltatore di rilassarsi prima di un cambio d’atmosfera, come in “Spring calls”, ballata dolce e malinconica speziata da una gustosa punta d’asprezza che segue i primi tredici minuti tesi e sinistri dell’album. Ci sono momenti floydiani sparsi qua e là, concentrati soprattutto in “Floating” e “The discovery”, tracce entrambe acide ma melodiche, sviluppate su una struttura di organo elettrico e chitarra. “Escape from self” ha un andamento funky-fusion, con flauto e chitarra a scambiarsi assoli, ci sono poi alcuni brevi e languidi momenti di chitarra e un altro paio di brani basati su malinconiche melodie (“To a distant friend” e “I had wings but I didn’t know how to fly”) a chiudere un disco curato nella scelta dei suoni e degli arrangiamenti, dal sapore vintage e moderno allo stesso tempo.
L’ascolto tutto d’un fiato è d’obbligo, non ha senso spezzare la continuità di un’opera molto compatta, anche se ogni momento ha il suo significato e la sua individualità. Ogni traccia, sia che non superi il minuto o che vada (al massimo) oltre i sei, possiede un proprio senso indipendente che si incastra alla perfezione nel mosaico sonoro complessivo. Carlo Barreca è riuscito a caratterizzare tutti i brani infondendo loro un precisa personalità, grazie ad un arrangiamento particolare, all’uso di uno strumento solista dominante o per mezzo di idee compositive semplici ma efficaci. L’album è insomma fatto di sostanza, senza riempitivi e mai piatto, con un’idea di fondo realizzata per mezzo di melodie dilatate, dei suoni lunghi e soffusi ma decisamente concreti dell’elettronica, del rock e di vari riferimenti (Pink Floyd, Porcupine Tree, lo space rock ed il post-rock) perfettamente integrati tra loro.
A mio avviso, “Horror vacui” è un ottimo disco da ascoltare attentamente estraniandosi da tutto per quarantacinque minuti, meglio se al buio o in penombra, per riempire appieno la nostra paura del vuoto solo con la musica, senza inutili distrazioni sensoriali.


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Nicola Sulas

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