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GIGI VENEGONI |
Ante Tilt |
Electromantic |
2007 |
ITA |
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Un pezzo importante di storia è racchiuso in questo cd. Come il titolo lascia intuire, infatti, si tratta di materiale registrato precedentemente alla realizzazione del disco di esordio degli Arti & Mestieri, che diede un po’ l’avvio non solo di una carriera luminosa per un gruppo che ancora oggi fa parlare di sé, ma anche di quella scena torinese dedita al jazz-rock progressivo. Tra il 1972 e il 1973 il chitarrista Gigi Venegoni, nella sua camera di studente fuori corso e con i poveri mezzi tecnici che si poteva permettere cominciava ad incidere e sovraincidere un bel po’ di idee che avrebbe poi portato negli Arti & Mestieri. Questi nastri sono stati oggi recuperati e ci mostrano un musicista già pienamente ispirato e in felicissima fase compositiva. Impegnato anche con percussioni, basso e VenegonMellotron (sic!) e coadiuvato dal futuro compagno di gruppo Giovanni Vigliar alla voce, al violino e alla batteria, da Max Bertola alla voce, al basso e alle chitarre e da Cladio Montafia al flauto e alla chitarra, Venegoni offre una interessante combinazione di stili e di suoni, evidenziando una volta di più come in quegli anni il rock voleva allargare molto il suo campo d’azione. In un paio di occasioni riemerge il tema della composizione più famosa degli Arti & Mestieri, quella “Gravità 9.81” che è diventata un po’ il marchio di fabbrica della band. Ma non si tratta di una vera e propria versione embrionale, perché il tema principale viene inserito in contesti più ampi, in cui brani spesso dilatati sembrano collage riuscitissimi nei quali gli strumenti elettrici ed acustici si intrecciano alla grande. Sotto certi aspetti sembra quasi che Venegoni provava a creare con queste sovraincisioni delle piccole suite che facessero da trait d’union tra rock, jazz (poco in verità, specie se confrontato alla carriera futura), musica colta e sperimentazione. Un processo non dissimile da quello che nello stesso periodo stava portando avanti Mike Oldfield (provate ad ascoltare “Land of trees” e “Via De Amicis”), con i cui risultati pure si possono intravedere similitudini, con qualche lunaticheria in più. Se le chitarre acustiche creano tessiture di base molto raffinate, il suono del mellotron dà uno spaccato dell’epoca, la sei corde elettriche viaggia in maniera molto fantasiosa, mentre il violino regala un timbro peculiare che troverà spazio anche quando si inserirà nella musica degli Arti & Mestieri. Qua e là, inoltre, si può notare l’influenza di un altro genio dell’epoca: mister Robert Fripp. Da segnalare poi la presenza di un pezzo, “The lake”, realizzato nel 2006 appositamente per questo cd e che pure ha un che di crimsoniano. Nel complesso si tratta di tredici tracce (per di più descritte anche con una certa accuratezza dallo stesso Venegoni nelle note del libretto che accompagna il cd) per un documento che nonostante la registrazione non ottimale si rivela, oltre che testimonianza storica importantissima, anche incredibilmente affascinante.
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Peppe Di Spirito
Collegamenti
ad altre recensioni |
ARTI E MESTIERI |
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1983 (Electromantic 2005) |
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1976 (Electromantic 2002) |
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