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ELLESMERE |
From sea and beyond |
AMS Records |
2018 |
ITA |
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Un “parterre des rois” con i fiocchi accompagna Roberto Vitelli (polistrumentista romano, ex Taproban) e Paolo Carnelli (piano, Hammond e tastiere varie) in “From sea and beyond”, secondo appuntamento con il progetto Ellesmere, dopo il notevole “Les châteaux de la Loire” del 2015. Ospiti illustri, dicevamo, come Alan Benjamin (chitarrista degli Advent), Robert Berry (voce dei Three, tra le altre cose), Trey Gunn (ex Crimson), David Jackson (ex VDGG) ed ancora Brett Kull (Echolyn), Marco Bernard (The Samurai of Prog), Keith More (Arena), Davy O’List (ex Nice), Daniele Pomo (RanestRane), Danilo Mintrone (Young Lust, cover band dei Floyd). Se il primo album aveva mostrato l’anima acustica e bucolica di Vitelli (Anthony Phillips docet), questo secondo lavoro evidenzia, per contro, l’anima rock-sinfonica dell’artista romano. Stavolta il protagonista dei quarantacinque minuti di “From sea and beyond” è il mare, fonte di avventura, di viaggio, di ricerca dell’ignoto. L’album si apre con “Tidal breath”, breve strumentale d’atmosfera, ideale continuazione di quanto ascoltato nell’album di debutto. “Marine extravaganza”, di poco inferiore ai dodici minuti, è uno splendido ed infuocato strumentale: un rincorrersi continuo tra la chitarra di Benjamin e le tastiere con una ritmica sempre brillante ed incalzante. Un bel mix sonoro dove i Genesis di “Wind and wuthering” incontrano altri grandi maestri del progressive anni settanta (EL&P, Yes, King Crimson -ma non ditelo a Fripp che i Crimson erano prog…). “Runaway”, uscito anche come singolo, è uno dei due brani interpretati da Robert Berry: pezzo più lineare del precedente e con delle belle melodie. “Marine coda”, con qualche effetto “marino” in sottofondo, è a completo appannaggio del sax di Jackson che forse meritava o andava “sfruttato” all’interno di un brano più strutturato. “The schooner” è un altro dei pezzi forti della raccolta: l’apertura è affidata ad un organo da chiesa (riprodotto da uno dei tanti synth analogici di Vitelli) cui si accoda una corposa ritmica (wow… che basso…!) e poi la chitarra elettrica di Keith More che si prende i giusti spazi. Tastiere vintage e aperture sinfoniche, new prog ed una chitarra, a tratti, più ruvida si avvicendano ed il risultato finale è davvero notevole. Altro brano sfavillante, seppur racchiuso in soli tre minuti, è “Ridge fanfare” anch’esso in pieno Genesis style (W&W) ed ideale introduzione a “Time, life again” con ancora Berry alla voce. Si tratta di un altro pezzo piacevolissimo, dominato dai synth e con un pregevole “solo”, all’elettrica, di Brett Kull. Un lavoro molto ben fatto, gradevole all’ascolto che saprà senz’altro fare breccia nel cuore degli amanti del progressive romantico-sinfonico. E la dimostrazione, ce ne fosse ancora bisogno, del buono stato di salute del progressive italiano.
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Valentino Butti
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