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ELLESMERE |
Stranger skies |
AMS Records |
2024 |
ITA |
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A distanza di quasi dieci anni dall’esordio e a quattro dal precedente “Wyrd”, gli Ellesmere di Roberto Vitelli tornano a pubblicare un album di progressive rock di stampo sinfonico, orgogliosamente descritto nell’adesivo che accompagna la confezione del cd come “Enchanting Symphonic Prog”. Lo stesso adesivo elenca la lunga sfilza di nomi, italiani e stranieri, che hanno partecipato alla realizzazione del lavoro, a proseguire un modus operandi ormai consolidato sin dal primo “Les chateaux de la Loire” nell’ormai lontano 2015 (per rassicurare i lettori, l’onnipresente ospite di ogni album italiano di prog che si rispetti, l’eterno David Jackson è presente con i sui sassofoni e i suoi flauti). Il collegamento con “Wyrd” è evidente nei suoni e nelle atmosfere, e nell’intento evidente di caratterizzare l’album verso un progressive esasperato nei suoni, negli arrangiamenti e nelle composizioni. “Bombastico” è un termine che ben si adatta a descrivere la nuova fatica musicale di Vitelli, autore di tutte le composizioni ed esecutore delle parti di basso e di buona parte di quelle di tastiera. Dopo queste premesse, il minimo che ci si possa aspettare è una serie di tracce che prendono pesantemente ispirazione dal prog sinfonico classico in stile Genesis e Yes accompagnato dai soliti riferimenti italiani. Ed effettivamente è così, con la differenza che rispetto a “Wyrd” le parti vocali non sono più assegnate a Luciano Regoli e Giorgio Pizzala ma a John Wilkinson, membro di una band tributo ai Genesis chiamata “Mama”. Non è difficile immaginare cosa questo comporti, soprattutto se la prima cosa a cui pensate è un clone di Phil Collins. La voce di Wilkinson è in effetti molto simile a quella di Collins, a tratti in maniera imbarazzante. L’effetto non è assolutamente pacchiano o scontato, anche perché la musica ha come riferimento i Genesis prima maniera e non quelli diventati delle star grazie al loro batterista. Sarebbe inoltre ingiusto parlare di “Stranger skies” esclusivamente in questo modo dato l’ottimo livello complessivo, anche se non si può ignorare il fatto che il disco sembri un “pastiche” di progressive rock anni ’70. Tutti i brani sono validi e ben strutturati grazie alla ricchezza delle parti strumentali, alle superbe melodie e alla perfetta esecuzione. Ho ascoltato l’album varie volte senza mai stancarmi, gustandomi ogni brano e apprezzando i vari momenti caratteristici come il ritornello di “Northwards”, preceduto da una bella introduzione sinfonica classica, l’intricata struttura strumentale e vocale di “Tundra”, gli spudorati momenti alla Van Der Graaf Generator di “Crystallized”, le progressioni e gli stacchi di “Arctica” e il denso “brodo Genesis” dei lunghi “Stranger skies” e “Another world”, con quest’ultima che alla fine recupera il ritornello dell’iniziale “Thundra” a chiudere un cerchio di quarantasette minuti di musica confezionata con cura e con evidente amore per un’epoca in cui questi suoni erano considerati all’avanguardia. L’effetto nostalgia è inevitabile ma sono sicuro che questo è ciò che desiderano gli estimatori degli Ellesmere, ormai band dalla line-up internazionale, e di tutti coloro che ascolteranno “Stranger skies” senza aspettarsi innovazioni significative e solo per il piacere di godere di ottima musica.
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Nicola Sulas
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