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GÖSTA BERLINGS SAGA |
Konkret musik |
Inside Out |
2020 |
SVE |
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Con “Et Ex” (2018) arrivai alla conclusione che da questa band mi sarei potuta aspettare di tutto. Gli Gösta (si legge “iösta”) Berlings Saga hanno dimostrato di saper rinnovare il proprio repertorio anche in maniera radicale, non facendosi problemi nell’esplorare direzioni musicali inedite rispetto alle loro produzioni più datate. Figuratevi quindi le mie aspettative dopo aver letto il titolo di questo nuovo album, l’ottavo se si considerano anche i due live di recente pubblicazione. Ero pronta ad un cruento tuffo nella musica concreta a tutti gli effetti. Effettivamente il gruppo svedese, che ha persino ampliato la propria line-up grazie all’aggiunta di un nuovo percussionista, Jesper Skakrin, sfoggia un certo perverso piacere nella manipolazione di suoni e melodie, portandoli anche ai confini col rumore se serve, ma non parlerei per questo di musica concreta, per lo meno nel senso più puro del termine. Questo disco è quello che presenta più tracce in assoluto rispetto a tutti gli altri della loro discografia. Arriviamo addirittura a 12 brani, con una durata che oscilla ampiamente da un minimo di uno ad un massimo di sei minuti. I vari pezzi sono peraltro molto disomogenei fra loro e non fanno parte di un unico racconto musicale. Questo ha permesso sicuramente al gruppo di non porsi alcun limite e di potersi spingere in qualsiasi direzione ritenesse opportuna. Ritroviamo in modo sparso diversi frammenti di quelle che sono state le diverse anime di questi musicisti, come se si trattasse di un versione concentrata ed essenziale di tutte le loro produzioni da venti anni a questa parte. Il loro approccio rimane minimalista, fortemente incentrato su pattern ritmici regolari e con linee melodiche talvolta elementari. La ripetizione talvolta fin troppo monotona di motivi, schemi percussivi, loop ed idee è un approccio ampiamente sfruttato in quest’opera che manca di brani dominanti, di temi conduttori e di potenti leit motiv. Paradossalmente la ripetitività di groove che si avvitano su se stessi potrebbe rappresentare un link atavico col folk svedese, fatto appunto di ripetizioni cicliche, anche se non troviamo suoni tradizionali ma un campionario di tonalità pesantemente costruite sui synth che sono utilizzati a profusione, forse più che in passato. Questo disco è stato registrato quasi completamente dal vivo e ciò rende ragione in parte della sua freschezza e della sua piacevole ruvidità. La produzione è stata affidata nuovamente a Daniel Fagerström che aveva curato anche il precedente album e questo in parte spiega le affinità con “Et Ex” che è stato secondo me fondamentale come esperienza per lo sviluppo di una creazione così svincolata da schemi preesistenti e da paletti mentali. Chi si è approcciato a questo album con “Basement Traps”, il primo singolo di cui esiste anche un video che è una specie di omaggio al personale sanitario impegnato durante la pandemia, sicuramente si sarà stupito del suo sfacciato minimalismo. In realtà questa traccia essenziale, che porta riferimenti ai Kraftwerk e in un certo senso agli Ozric Tentacles, è solo un tassello di un patchwork molto più variegato e variabile. Se “Konkret Musik”, come è giusto che sia, gioca con i rumori in modo quasi fastidioso, con “Instrument IV” scopriamo invece paesaggi dai riflessi elettronici incredibilmente delicati. Se “Close to Home” è dolcemente malinconica, con fragranze tastieristiche che ci riportano ai Tangerine Dream, “To Never Return” si mostra invece scandita da riff potenti e martellanti, di sicuro impatto. “The Pugilist” è veloce e serrata, sparata su tantissime note vibranti e sporche che rotolano le une sulle altre mentre “The Fucking Good Man” appare estremamente dilatata con le sue visioni elettro-sinfoniche sfumate. “Förbifart Stockholm” riprende un po’ dei sapori degli esordi, con tastiere possenti e le nuance lisergiche, mentre in “Question of Currency”, una sorta di requiem, vengono recuperate calde colorazioni elettroacustiche. Si tratta in sostanza di dodici sketch musicali sviluppati in modo libero secondo stili talvolta diversi ma in ogni caso senza preconcetti che nel loro complesso danno vita ad un album poliedrico e discontinuo, talvolta audace e talvolta prevedibile, che offre numerose prospettive di ascolto. Volendo potrebbero nascere da qui ulteriori dodici nuovi album tutti diversi ma forse è meglio godere di questo campionario di idee nella loro eterogeneità.
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Jessica Attene
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GÖSTA BERLINGS SAGA |
Et ex |
2018 |
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