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Prima di parlarvi nel dettaglio di questo album, facciamo un po’ d’ordine. Maciej Meller è un chitarrista polacco salito alla ribalta delle cronache prog negli anni ’90 per la sua militanza nei Quidam. Con il suo tocco hackettiano ed una tecnica mirabile sempre al servizio delle composizioni ha lasciato un segno distintivo nella musica del gruppo. In anni più recenti, invece, è entrato a far parte dei Riverside ed ha iniziato una carriera solista con l’album “Zenith”, pubblicato nel 2020. Personalmente questo lavoro mi aveva lasciato un sapore agrodolce, per i suoi continui alti e bassi e per l’impressione immediata di una sovraproduzione, con conseguente alternanza di lampi di quella classe che da sempre contraddistingue Meller ed una voglia di dare un’impronta di modernità e robustezza che non sempre sembrava ben centrata. Una versione acustica uscita poco tempo dopo mostrava l’album in una veste diversa, recuperando punti e cominciando a far intravedere meglio le valide idee che c’erano alla base. Arriviamo così a questo live, uscito nel 2024 e registrato nel gennaio dell’anno precedente al Teatro Municipale di Inowroclaw. Ve lo diciamo subito: è stupendo! Sette degli otto brani di “Zenith” vengono eseguiti con nuovi arrangiamenti che fanno emergere un’eleganza rara e un fascino nettamente maggiore, senza disperdere l’energia tipica di un concerto. D’altronde, c’è per l’occasione un dispiegamento di forze non indifferente, con ben otto musicisti sul palco. Tra questi, due nomi balzano subito all’occhio: quello del tastierista Zbignew Florek e quello del flautista Jacek Zasada, entrambi già nei Quidam insieme a Meller. L’affiatamento tra i tre, dopo tanti anni di conoscenza e collaborazioni, è incredibile e forse anche per questo le composizioni sembrano trovare una nuova verve, particolarmente brillante. Nel parco strumenti, inoltre, figurano batteria, percussioni, contrabbasso, tromba, flicorno e sax tenore. In più, segnaliamo il cantante di ruolo Krzystof Borek che con la sua voce calda dà un ulteriore tocco distintivo e che si impegna anche alla sei corde acustica. L’inizio pastorale di “Aside”, con chitarra acustica e flauto a guidare, dà subito un indirizzo raffinato alla musica, che si conferma man mano che passano i minuti. Incontriamo belle melodie vocali, romanticismo malinconico, il pianoforte garbato e classicheggiante magnificamente suonato da Florek, cambi di tempo e di atmosfera, ritmiche di gran classe, solos dei fiati… Questi primi otto minuti sono una presentazione perfetta di quello che andremo ad ascoltare, perché i brani estratti da “Zenith” guadagnano davvero tanto rispetto alle versioni in studio e confermano questo orientamento prevalentemente acustico, ma che prevede anche qualche inserimento di tastiere, qualche assolo di chitarra elettrica, e qualche effetto e-bow. Alcuni pezzi sono più up-tempo, ma si mantiene sempre una squisitezza fuori dal comune che si abbina ad una vena melodica pop-prog che non scade mai nel banale. Uno dei momenti clou del concerto, poi, arriva quando il cantante dei Quidam Bartosz Kossowicz raggiunge come ospite sul palco i musicisti per una incantevole versione di “We are alone together” (tratta da “Alone together”, di gran lunga il miglior album della band dopo la fuoriuscita di Emila Derkowska), con toni dimessi, mood ombroso, interpretazione carica di pathos ed un crescendo di emozioni tra impennate di chitarra elettrica e agili fughe di flauto. Tra gli altri episodi topici da segnalare c’è “Trip”, che, spogliata di orpelli elettronici e sovrarrangiamenti, diventa un elegiaco e delicatissimo tassello, con il suo indovinato riff portante, la sua raffinatezza, le sue trame intriganti e le sue serpentine strumentali che si susseguono per oltre undici minuti. In chiusura due cover. Dapprima una sorprendente “Krakowski spleen” dei Maanam (un gruppo polacco di new wave degli anni ’80), qui rallentata, prolungata fino a sfiorare i nove minuti, vagamente knopfleriana e assolutamente in linea con la proposta di Meller e soci. Poi la conclusione vera e propria affidata ad una piacevole esecuzione della celebre “Heroes” di David Bowie, che è il finale incandescente perfetto per un disco dal vivo coinvolgente di un signor musicista che ha messo su una band che fa faville. Lo ribadisco: live stupendo!
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