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Dopo una parentesi alquanto discutibile, risalente a 4 anni fa, la band svedese torna sui propri passi proponendo un album fresco ed ammiccante che si riavvicina a scelte stilistiche già proposte nell'ormai lontano debutto. Ottimo dal punto di vista compositivo e dei contenuti ideativi, con una netta prevalenza di temi melodici, con l'aggiunta di qualche graffiante riff dai connotati molto attuali e di quei passaggi di ispirazione folk che ce li avevano fatti apprezzare e conoscere 8 anni fa, i Ritual sfornano un disco per nulla banale anche se potenzialmente dotato di un discreto potenziale radiofonico. Interessante l'impiego di strumenti etnici come il darabukka (strumento a percussione arabo) o il bouzouki, bella e ricca di forte espressività appare soprattutto la performance vocale di Patrik Lundström, mentre si fanno insistenti, su un paio di pezzi, alcuni passaggi dal sound crimsoniano con il mellotron in prima linea che non di rado rivendica il suo ruolo di primo attore. Non manca una canzone dedicata all'amata scrittrice finlandese Tove Jansson che potrebbe ben rappresentare lo spirito guida delle favole sonore dei Ritual, anche se testi come "Infinite Justice" fanno volare il pensiero a tematiche più impegnative come la guerra. Conoscendo il gruppo è difficile pensare ad un ritorno più azzeccato di questo.
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