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VIIMA |
Ajatuksia maailman laidalta |
Viima Records |
2006 |
FIN |
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La copertina agreste che racchiude questo grazioso esordio fa in parte trasparire il clima favolistico e arcadico che aleggia graziosamente nella musica dei Viima, dominata da suoni anticati, e da uno stile musicale che si divide in maniera equilibrata fra il folk ed il prog sinfonico più leggiadro e raffinato. Un ruolo tutto speciale in questo grazioso quadretto viene interpretato dalla voce angelica, anche se poco versatile, di Päivi Kylmänen (una ragazza per chi non lo avesse capito) che ricorda i canti degli elfi, complice anche l'idioma finlandese che non poco dovette contribuire alla creazione del Sindarin, la lingua che Tolkien donò alle popolazioni elfiche. Flauto e chitarre acustiche, intrecciati a testiere vintage, contribuiscono ad ingentilire i suoni.
Proprio nelle tracce di apertura, semplici, incisive e ben architettate, il gruppo offre forse il meglio di sé: "Leijonan syksy" (autunno del leone) si riaggancia ad un certo repertorio dei Jethro Tull (mi viene da pensare a "Living in the Past") anche se presenta degli impasti soffici e vellutati, con ampi riferimenti ai Genesis ed un uso gentile del flauto. La title track (Pensieri dai confini del mondo) si propone in maniera altrettanto splendida, scorrendo in maniera fluida e piacevole lungo sentieri musicali dolci. Si viene ad aggiungere in questa traccia il pianoforte, inserito con parsimonia ma con efficacia. L'intreccio degli strumenti crea un insieme sonoro particolareggiato e dai toni profondi anche se l'effetto globale è semplice e piuttosto lineare. "Ilmalaiva Italia" ci fa fare un piccolo sobbalzo: che il gruppo nordico abbia dedicato una canzone al nostro paese? In realtà scopriamo che la traduzione è "dirigibile Italia": pur sempre di una pagina gloriosa (ancorché tragica) del nostro paese si tratta! Le atmosfere si fanno decisamente malinconiche a ricordare la tragica storia dell'equipaggio e, ad accompagnare la voce di Päivi, sembra proprio il sinistro ululato del vento artico. A sottolineare la drammatica epopea, ci proietta verso l'acme della sciagura un intermezzo costruito su riff grezzi e ringhiosi di chitarra che aprono la strada ad un Moog ululante e tormentato.
Forse è vero che la parte centrale dell'album si presenta in lieve flessione ma bisogna ammettere che rimaniamo pur sempre su livelli qualitativi ottimi. "Meri" (Il mare), malinconica e delicata, incorniciata dalla risacca delle onde, sfoggia delle belle parti di tastiere dai contorni vagamente psichedelici. "Luuttomat" (i senza ossa) si fa inquietante, con inserti di sax ben inseriti, anche se le linee vocali, simili a una nenia, appesantiscono un po' la musica. "Johadatus" (Introduzione) rappresenta invece la traccia di chiusura: in questa, che è anche la canzone più lunga, il gruppo ci presenta uno stile più marcatamente nordico con una bella alternanza di situazioni.
Un esordio splendido per questa band esordiente dal carattere deciso e gentile: il timore è sempre quello di osannare all'eccesso una band nuova e comunque non del tutto originale, tuttavia quest'album rimane un'opera piacevolissima se non in qualche episodio addirittura entusiasmante. Chi ama il prog sinfonico contaminato dal folk, con vaghi echi nordici, dovrebbe andare sul sicuro con questi Viima.
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Jessica Attene
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