|
KOSMOS |
Salattu maailma |
autoprod. |
2013 |
FIN |
|
Sale a quota quattro la discografia dei Kosmos, band di Turku, imparentata con i connazionali Viima, che ha conservato quasi intatta la line-up dell’esordio del 2005, “Tarinoita voimasta”. Da allora è stato cambiato un solo elemento, sostituito già nel 2007 dal nuovo chitarrista Aapo Helenius, alle prese, in questo nuovo album, anche con batteria, Harmonium e Conga. Anche lo stile del gruppo rimane fedele a certi tracciati, fatti di umori melanconici, sonorità flebili e carezzevoli, atmosfere psichedeliche e delicati tratteggi folk, così come le copertine dei vari album provengono riconoscibilmente dallo stesso pennello. Anche se ogni opera presenta dei tratti distintivi rispetto alle altre, rimane sempre visibile un filo conduttore che le lega, un’ispirazione comune che rende lo stile del gruppo abbastanza caratteristico e riconoscibile. In questo nuovo lavoro si gioca molto con alcune suggestioni sinfoniche che però vengono pienamente alla luce soltanto in alcune tracce. E’ il caso del bellissimo brano di apertura, la title track (“Un mondo nascosto”, in italiano), arricchita da generose dosi di Mellotron che si riversano nello spartito in mille rivoli. Ad esso si uniscono il flauto e la chitarra acustica di Kari Vainionpää e naturalmente la splendida e carezzevole voce di Päivi Kylmänen che sembra cullare l’ascoltatore in un morbido abbraccio. Molto bello è il drumming leggero che accompagna la musica soffusa in un piacevole ticchettio. Le atmosfere ricordano un po’ i Landberk, gli Scarlet Thread, i già citati Viima e anche i Genesis. Gli elementi sinfonici sono ancora presenti ma si spengono gradualmente già nella traccia successiva, “Simpukka” (“conchiglia”), che procede lassa e sonnolenta in un molle dondolio accompagnato dal suono delle onde marine. Un altro brano dai decisi connotati sinfonici è il crepuscolare “Uni” (“Un sogno”) che si apre con una parte recitata dall’ospite Timo Niemi dai toni inquietanti. Torna il Mellotron e viene utilizzato il registro con i cori a creare scenografie sinistre e misteriose che potrebbero ricordare gli Änglagård. A prevalere globalmente sono comunque le atmosfere acustiche e psichedeliche con sentori che sembrano più anglicizzati che nordici, se non fosse per il cantato in finlandese che ci riporta in territori più freddi e selvaggi. “Loitsu” (“incanto”) è costruita sulla chitarra acustica che accompagna il cantato, con un piccolo inserto di violino, e questa volta tutto si fa soft e solare, a dare un po’ di varietà ad un album decisamente compatto e di breve durata (poco meno di 39 minuti). Il gruppo ha deciso di chiudere con una bella cover e cioè “Takaisin virtaan” del più celebre connazionale Pekka Streng, impreziosita da una morbida base di Mellotron ed organo intessuta da Olli Valtonen. La piacevolezza dell’ascolto è data in parte anche dal grande clima di intimità che un prodotto dal taglio artigianale e così spontaneo sa trasmettere. Il supporto fonografico stesso è in pratica un CDr, anche se tutto è confezionato al meglio, dal booklet all’inserto contenente la traduzione in inglese dei testi. Per confortarvi posso però dire che esiste anche una versione in vinile e quindi i più esigenti fra voi saranno accontentati. La semplicità e la rusticità della musica, le atmosfere languide e soporose, la bellezza del canto, quasi ipnotizzante, sono comunque gli elementi che rimangono maggiormente impressi. A volte non è necessario fare delle acrobazie per colpire nel segno e questa musica più che impressionare risulta affabile ed avvolgente.
|
Jessica Attene
Collegamenti
ad altre recensioni |
|