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Con “Ajan Peili” i finlandesi Kosmos, a 15 anni dal loro esordio, giungono al loro 6° album in studio. Per chi conosce già i precedenti lavori, questo album non sarà una sorpresa, proseguendo con l’ormai collaudata ricetta di un folk prog con venature psichedeliche profondamente nordico nell’ispirazione. Anche la line-up non cambia, con gli ex Viima (ottima band di prog sinfonico) Päivi Kylmänen alla voce e Kimmo Lähteenmäki alla batteria e alle tastiere con l’aggiunta di Kari Vainionpää al basso, Ismo Virta alla chitarra e tastiere, Olli Valtonen allo shruti box e altri strumenti indiani. Chi si approccia per la prima volta ai Kosmos troverà l’album molto piacevole, con quelle sonorità pacate e quelle atmosfere soffuse e un po’ misteriose che rievocano le notti boreali e con l’inserimento di percussioni indiane che danno quel tocco di esotico che certo non guasta. Chi invece già li conosce, potrebbe forse storcere un po’ il naso nel ritrovare una band che non ha minimamente voglia di proporre qualcosa di nuovo oppure essere felice di ritornare in un porto sicuro. Purtroppo, da qualunque prospettiva lo si voglia vedere, il problema principale e cronico di questa band è la voce di Päivi Kylmänen, che ahinoi, non ne azzecca quasi una, stonando ogni volta che viene chiamata in causa. Onestamente faccio fatica a comprendere come un gruppo attivo da così tanto tempo e con diversi album sulle spalle possa ancora insistere su una cantante che è oggettivamente il loro punto debole e inficia quanto di buono proposto a livello musicale dal resto della band, in alcuni frangenti ti verrebbe voglia di prendere il cd e lanciarlo dalla finestra come nel secondo brano “Eilinen”. Ad ogni modo tutto ciò è un vero peccato, perché quando la voce riesce ad essere accettabile, i Kosmos riescono a farci immergere completamente nel loro mondo sonoro con quintalate di Mellotron e arrangiamenti seppur semplici abbastanza originali con la presenza di strumenti particolari come lo xilofono (vedi il brano “Aina lähellä”). Il gruppo si lascia preferire nei momenti più delicati, raggiungendo picchi di magia assoluta (voce permettendo). Il primo omonimo brano ne è un ottimo esempio, “Salainen oppi”, il mio preferito in assoluto, ancora di più grazie ad un pianoforte sublime, alla presenza di un sax che arricchisce di molto il sound e dove anche Päivi diventa quasi piacevole. Un discorso a parte merita la mini suite finale “Minä olen” (Io sono), il brano più sinfonico dell’album, che, continuando a soprassedere sul cantato, è un gran pezzo prog, molto epico e con forti venature esoteriche. Che altro aggiungere… se riuscite a non farvi infastidire dalla voce e non conoscete i precedenti lavori è un album da consigliare vivamente, se già avete qualcosa non aspettatevi novità e siate consapevole che l’album non aggiunge e non toglie nulla a quanto già fatto in precedenze, ma rimane un ascolto estremamente piacevole. Se infine, come me, non riuscite proprio a digerire la voce, incrociate le dita e attendete fiduciosi in un futuro cambio di line up, alla fine anche nei Viima dopo il primo album Paivi è stata sostituita.
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