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VIIMA |
Kahden kuun sirpit |
autoprod. |
2009 |
FIN |
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Il debutto dei Viima era stato segnalato fra le uscite sinfoniche più interessanti del 2006 ed è stato quindi un piacere accogliere questo ritorno, anche se la formazione è un po' mutata rispetto ad allora, cosa che ha comportato inevitabilmente qualche piccolo aggiustamento stilistico. Il cambiamento più vistoso è rappresentato dall'abbandono della vocalist Päivi Kylmänen che è stata sostituita da Hannu Hiltula, che suona anche il flauto e il sax soprano. Abbiamo quindi una voce maschile, decisamente più robusta e meno elegiaca rispetto a quella elfica di Päivi, mentre per il resto i punti fermi della line-up rimangono il tastierista Kimmo Lähteenmäki ed il chitarrista Mikko Uusi-Oukari; la sezione ritmica appare invece rinnovata con l'ingresso di Aapo Honkanen al basso e di Mikko Väärälä alla batteria. Quelli che come me avevano accolto molto bene il grazioso "Ajatuksia Maailman Laidalta" non devono temere: il nuovo album offre un Progressive Rock di stampo sinfonico di ottima fattura che, ascolto dopo ascolto, conquisterà anche gli appassionati più esigenti, con la sua grazia e la sua semplicità. Rispetto al passato comunque si fa notare una presenza meno marcata degli elementi folk, che la band sembra aver lasciato nei Kosmos, band collaterale in cui confluiscono ben tre dei membri fondatori dei Viima, Päivi inclusa. Per il resto riscopriamo i bei suoni vintage che avevano catturato in passato la nostra attenzione, con dosi generose di sintetizzatori analogici, Hammond e Mellotron. L'impressione generale è quella di un album che oscilla gentilmente fra i Genesis e le melodie più romantiche dei Camel, con linee melodiche piacevoli, scorrevoli e sognanti, imbastite con gusto estremo. La traccia di apertura, "Autio pelto", è un esempio brillante di questa ricetta e si presenta ben proporzionata, senza inutili riempitivi, e sfoggia impasti tastieristici raffinati, ingentiliti talvolta dal flauto. Contrasta un po' con la musica la voce di Hannu che forse non è proprio il massimo in questo contesto ma che comunque non sfigura poi tanto e non inficia sicuramente il risultato finale. Le prime tre canzoni oscillano fra i sei e gli otto minuti circa, con una "Unohtunut" più robusta, che si dipana lungo i sentieri segnati dal basso, con le sue tastiere d'effetto ed i suoi momenti di atmosfera e tensione, ed una "Sekellus" che torna a suoni vintage deliziosi con melodie vivaci che ricordano in parte gli Haikara. La parte conclusiva dell'album è affidata ad una lunga suite di 22 minuti, la title track, che in italiano potrebbe essere tradotta col titolo evocativo di "doppia falce di luna". Il brano tarda un po' a decollare per l'eccessiva verbosità dei primi minuti ma esplode finalmente in un tripudio di tastiere che ricordano i Genesis di "The Lamb". Forse si tratta di un pezzo un po' dispersivo ma comunque dotato di bei momenti sinfonici, e anche di suggestioni che ondeggiano morbidamente fra gli Haikara ed i Camel. In particolare il brano si rende veramente delizioso nelle sequenze più meditative e distese, grazie anche all'apporto di un quartetto d'archi che amplifica le sensazioni sinfoniche. A conti fatti non saprei dire se questo secondo album sia superiore al precedente o meno, viste anche le loro diverse caratteristiche, sta di fatto che si tratta di un buon disco di prog sinfonico, non privo di momenti esaltanti, e sicuramente piacevole e godibile dall'inizio alla fine.
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Jessica Attene
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